Giobbe
Giobbe - Capitolo 1
I. PROLOGO
Satana mette Giobbe alla prova
[1]C'era nella terra di Uz un uomo
chiamato Giobbe: uomo integro e retto, temeva Dio ed era alieno dal male.
[2]Gli erano nati sette figli e tre figlie; [3]possedeva settemila
pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine, e molto
numerosa era la sua servitù. Quest'uomo era il più grande fra tutti i figli
d'oriente.
[4]Ora i suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di uno di
loro, ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare anche le loro tre sorelle
per mangiare e bere insieme. [5]Quando avevano compiuto il turno dei
giorni del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare per purificarli; si alzava di
buon mattino e offriva olocausti secondo il numero di tutti loro. Giobbe infatti
pensava: «Forse i miei figli hanno peccato e hanno offeso Dio nel loro cuore».
Così faceva Giobbe ogni volta.
[6]Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore
e anche satana andò in mezzo a loro. [7]Il Signore chiese a satana: «Da
dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra, che ho
percorsa». [8]Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio
servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed
è alieno dal male». [9]Satana rispose al Signore e disse: «Forse che
Giobbe teme Dio per nulla? [10]Non hai forse messo una siepe intorno a
lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue
mani e il suo bestiame abbonda di terra. [11]Ma stendi un poco la mano e
tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!». [12]Il Signore
disse a satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano
su di lui». Satana si allontanò dal Signore.
[13]Ora accadde che un giorno, mentre i suoi figli e le sue figlie
stavano mangiando e bevendo in casa del fratello maggiore, [14]un
messaggero venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano arando e le asine
pascolando vicino ad essi, [15]quando i Sabei sono piombati su di essi e
li hanno predati e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io
solo che ti racconto questo».
[16]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «Un fuoco
divino è caduto dal cielo: si è attaccato alle pecore e ai guardiani e li ha
divorati. Sono scampato io solo che ti racconto questo».
[17]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I Caldei hanno
formato tre bande: si sono gettati sopra i cammelli e li hanno presi e hanno
passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti racconto
questo».
[18]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I tuoi figli e
le tue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del loro fratello maggiore,
[19]quand'ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha
investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti.
Sono scampato io solo che ti racconto questo».
[20]Allora Giobbe si alzò e si stracciò le vesti, si rase il capo,
cadde a terra, si prostrò [21]e disse:
«Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha
dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!».
[22]In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di
ingiusto.
Giobbe - Capitolo 2
[1]Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore,
anche satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. [2]Il Signore
disse a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla
terra che ho percorsa». [3]Il Signore disse a satana: «Hai posto
attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e
retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua integrità; tu
mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo». [4]Satana
rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo
per la sua vita. [5]Ma stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella
carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». [6]Il Signore disse a
satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita».
[7]Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga
maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. [8]Giobbe prese un
coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. [9]Allora sua
moglie disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!».
[10]Ma egli le rispose: «Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da
Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?».
In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.
[11]Nel frattempo tre amici di Giobbe erano venuti a sapere di tutte
le disgrazie che si erano abbattute su di lui. Partirono, ciascuno dalla sua
contrada, Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita, e si
accordarono per andare a condolersi con lui e a consolarlo. [12]Alzarono
gli occhi da lontano ma non lo riconobbero e, dando in grida, si misero a
piangere. Ognuno si stracciò le vesti e si cosparse il capo di polvere.
[13]Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti,
e nessuno gli rivolse una parola, perché vedevano che molto grande era il suo
dolore.
Giobbe - Capitolo 3
II. DIALOGO
1. PRIMO CICLO DI DISCORSI
Giobbe maledice il giorno della sua nascita[1]Dopo, Giobbe aprì
la bocca e maledisse il suo giorno; [2]prese a dire:
[3]Perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: «E'
stato concepito un uomo!». [4]Quel giorno sia tenebra, non lo
ricerchi Dio dall'alto, né brilli mai su di esso la luce. [5]Lo
rivendichi tenebra e morte, gli si stenda sopra una nube e lo facciano
spaventoso gli uragani del giorno! [6]Quel giorno lo possieda il buio
non si aggiunga ai giorni dell'anno, non entri nel conto dei mesi.
[7]Ecco, quella notte sia lugubre e non entri giubilo in essa.
[8]La maledicano quelli che imprecano al giorno, che sono pronti
a evocare Leviatan. [9]Si oscurino le stelle del suo crepuscolo,
speri la luce e non venga; non veda schiudersi le palpebre dell'aurora,
[10]poiché non mi ha chiuso il varco del grembo materno, e
non ha nascosto l'affanno agli occhi miei! [11]E perché non sono
morto fin dal seno di mia madre e non spirai appena uscito dal grembo?
[12]Perché due ginocchia mi hanno accolto, e perché due mammelle,
per allattarmi? [13]Sì, ora giacerei tranquillo, dormirei e avrei
pace [14]con i re e i governanti della terra, che si sono
costruiti mausolei, [15]o con i principi, che hanno oro e
riempiono le case d'argento. [16]Oppure, come aborto nascosto, più
non sarei, o come i bimbi che non hanno visto la luce. [17]Laggiù
i malvagi cessano d'agitarsi, laggiù riposano gli sfiniti di forze.
[18]I prigionieri hanno pace insieme, non sentono più la voce
dell'aguzzino. [19]Laggiù è il piccolo e il grande, e lo schiavo
è libero dal suo padrone. [20]Perché dare la luce a un infelice e
la vita a chi ha l'amarezza nel cuore, [21]a quelli che aspettano la
morte e non viene, che la cercano più di un tesoro, [22]che
godono alla vista di un tumulo, gioiscono se possono trovare una tomba...
[23]a un uomo, la cui via è nascosta e che Dio da ogni parte ha
sbarrato? [24]Così, al posto del cibo entra il mio gemito, e i
miei ruggiti sgorgano come acqua, [25]perché ciò che temo mi accade
e quel che mi spaventa mi raggiunge. [26]Non ho tranquillità, non
ho requie, non ho riposo e viene il tormento!
Giobbe - Capitolo 4
Fiducia in Dio[1]Elifaz il Temanita prese la parola e disse:
[2]Se si tenta di parlarti, ti sarà forse gravoso? Ma chi può
trattenere il discorso? [3]Ecco, tu hai istruito molti e a mani
fiacche hai ridato vigore; [4]le tue parole hanno sorretto chi
vacillava e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato. [5]Ma
ora questo accade a te e ti abbatti; capita a te e ne sei sconvolto.
[6]La tua pietà non era forse la tua fiducia e la tua condotta
integra, la tua speranza? [7]Ricordalo: quale innocente è mai perito
e quando mai furon distrutti gli uomini retti? [8]Per quanto io
ho visto, chi coltiva iniquità, chi semina affanni, li raccoglie.
[9]A un soffio di Dio periscono e dallo sfogo della sua ira sono
annientati. [10]Il ruggito del leone e l'urlo del leopardo e i
denti dei leoncelli sono frantumati. [11]Il leone è perito per
mancanza di preda e i figli della leonessa sono stati dispersi.
[12]A me fu recata, furtiva, una parola e il mio orecchio ne
percepì il lieve sussurro. [13]Nei fantasmi, tra visioni notturne,
quando grava sugli uomini il sonno, [14]terrore mi prese e
spavento e tutte le ossa mi fece tremare; [15]un vento mi passò
sulla faccia, e il pelo si drizzò sulla mia carne... [16]Stava là
ritto uno, di cui non riconobbi l'aspetto, un fantasma stava davanti ai
miei occhi... Un sussurro..., e una voce mi si fece sentire:
[17]«Può il mortale essere giusto davanti a Dio o innocente
l'uomo davanti al suo creatore? [18]Ecco, dei suoi servi egli non si
fida e ai suoi angeli imputa difetti; [19]quanto più a chi abita
case di fango, che nella polvere hanno il loro fondamento! Come tarlo
sono schiacciati, [20]annientati fra il mattino e la sera: senza
che nessuno ci badi, periscono per sempre. [21]La funicella della
loro tenda non viene forse strappata? Muoiono senza saggezza!».
Giobbe - Capitolo 5
[1]Chiama, dunque! Ti risponderà forse qualcuno? E a chi fra i
santi ti rivolgerai? [2]Poiché allo stolto dà morte lo sdegno e
la collera fa morire lo sciocco. [3]Io ho visto lo stolto metter
radici, ma imputridire la sua dimora all'istante. [4]I suoi figli
sono lungi dal prosperare, sono oppressi alla porta, senza difensore;
[5]l'affamato ne divora la messe e gente assetata ne succhia gli
averi. [6]Non esce certo dalla polvere la sventura né germoglia
dalla terra il dolore, [7]ma è l'uomo che genera pene, come le
scintille volano in alto. [8]Io, invece, mi rivolgerei a Dio e a
Dio esporrei la mia causa: [9]a lui, che fa cose grandi e
incomprensibili, meraviglie senza numero, [10]che dà la pioggia
alla terra e manda le acque sulle campagne. [11]Colloca gli umili
in alto e gli afflitti solleva a prosperità; [12]rende vani i
pensieri degli scaltri e le loro mani non ne compiono i disegni;
[13]coglie di sorpresa i saggi nella loro astuzia e manda in
rovina il consiglio degli scaltri. [14]Di giorno incappano nel buio
e brancolano in pieno sole come di notte, [15]mentre egli salva
dalla loro spada l'oppresso, e il meschino dalla mano del prepotente.
[16]C'è speranza per il misero e l'ingiustizia chiude la bocca.
[17]Felice l'uomo, che è corretto da Dio: perciò tu non sdegnare
la correzione dell'Onnipotente, [18]perché egli fa la piaga e la
fascia, ferisce e la sua mano risana. [19]Da sei tribolazioni ti
libererà e alla settima non ti toccherà il male; [20]nella
carestia ti scamperà dalla morte e in guerra dal colpo della spada;
[21]sarai al riparo dal flagello della lingua, né temerai quando
giunge la rovina. [22]Della rovina e della fame ti riderai né
temerai le bestie selvatiche; [23]con le pietre del campo avrai un
patto e le bestie selvatiche saranno in pace con te.
[24]Conoscerai la prosperità della tua tenda, visiterai la tua
proprietà e non sarai deluso. [25]Vedrai, numerosa, la prole, i
tuoi rampolli come l'erba dei prati. [26]Te ne andrai alla tomba in
piena maturità, come si ammucchia il grano a suo tempo. [27]Ecco,
questo abbiamo osservato: è così. Ascoltalo e sappilo per tuo bene.
Giobbe - Capitolo 6
L'uomo oppresso conosce solo la sua miseria[1]Allora Giobbe
rispose:
[2]Se ben si pesasse il mio cruccio e sulla stessa bilancia si
ponesse la mia sventura... [3]certo sarebbe più pesante della sabbia
del mare! Per questo temerarie sono state le mie parole,
[4]perché le saette dell'Onnipotente mi stanno infitte, sì che il
mio spirito ne beve il veleno e terrori immani mi si schierano contro!
[5]Raglia forse il somaro con l'erba davanti o muggisce il bue
sopra il suo foraggio? [6]Si mangia forse un cibo insipido, senza
sale? O che gusto c'è nell'acqua di malva? [7]Ciò che io ricusavo
di toccare questo è il ributtante mio cibo! [8]Oh, mi accadesse
quello che invoco, e Dio mi concedesse quello che spero!
[9]Volesse Dio schiacciarmi, stendere la mano e sopprimermi!
[10]Ciò sarebbe per me un qualche conforto e gioirei, pur
nell'angoscia senza pietà, per non aver rinnegato i decreti del Santo.
[11]Qual la mia forza, perché io possa durare, o qual la mia
fine, perché prolunghi la vita? [12]La mia forza è forza di macigni?
La mia carne è forse di bronzo? [13]Non v'è proprio aiuto per me?
Ogni soccorso mi è precluso? [14]A chi è sfinito è dovuta pietà
dagli amici, anche se ha abbandonato il timore di Dio. [15]I miei
fratelli mi hanno deluso come un torrente, sono dileguati come i torrenti
delle valli, [16]i quali sono torbidi per lo sgelo, si gonfiano
allo sciogliersi della neve, [17]ma al tempo della siccità svaniscono
e all'arsura scompaiono dai loro letti. [18]Deviano dalle loro
piste le carovane, avanzano nel deserto e vi si perdono; [19]le
carovane di Tema guardano là, i viandanti di Saba sperano in essi:
[20]ma rimangono delusi d'avere sperato, giunti fin là, ne
restano confusi. [21]Così ora voi siete per me: vedete che faccio
orrore e vi prende paura. [22]Vi ho detto forse: «Datemi qualcosa»
o «dei vostri beni fatemi un regalo» [23]o «liberatemi dalle mani
di un nemico» o «dalle mani dei violenti riscattatemi»?
[24]Istruitemi e allora io tacerò, fatemi conoscere in che cosa
ho sbagliato. [25]Che hanno di offensivo le giuste parole? Ma che
cosa dimostra la prova che viene da voi? [26]Forse voi pensate a
confutare parole, e come sparsi al vento stimate i detti di un disperato!
[27]Anche sull'orfano gettereste la sorte e a un vostro amico
scavereste la fossa. [28]Ma ora degnatevi di volgervi verso di me:
davanti a voi non mentirò. [29]Su, ricredetevi: non siate
ingiusti! Ricredetevi; la mia giustizia è ancora qui! [30]C'è
forse iniquità sulla mia lingua o il mio palato non distingue più le
sventure?
Giobbe - Capitolo 7
[1]Non ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra e i suoi giorni
non sono come quelli d'un mercenario? [2]Come lo schiavo sospira
l'ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, [3]così a me
son toccati mesi d'illusione e notti di dolore mi sono state assegnate.
[4]Se mi corico dico: «Quando mi alzerò?». Si allungano le ombre
e sono stanco di rigirarmi fino all'alba. [5]Ricoperta di vermi e
croste è la mia carne, raggrinzita è la mia pelle e si disfà.
[6]I miei giorni sono stati più veloci d'una spola, sono finiti
senza speranza. [7]Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio
occhio non rivedrà più il bene. [8]Non mi scorgerà più l'occhio di
chi mi vede: i tuoi occhi saranno su di me e io più non sarò.
[9]Una nube svanisce e se ne va, così chi scende agl'inferi più
non risale; [10]non tornerà più nella sua casa, mai più lo
rivedrà la sua dimora. [11]Ma io non terrò chiusa la mia bocca,
parlerò nell'angoscia del mio spirito, mi lamenterò nell'amarezza del
mio cuore! [12]Son io forse il mare oppure un mostro marino,
perché tu mi metta accanto una guardia? [13]Quando io dico: «Il
mio giaciglio mi darà sollievo, il mio letto allevierà la mia
sofferenza», [14]tu allora mi spaventi con sogni e con fantasmi
tu mi atterrisci. [15]Preferirei essere soffocato, la morte
piuttosto che questi miei dolori! [16]Io mi disfaccio, non vivrò più
a lungo. Lasciami, perché un soffio sono i miei giorni. [17]Che è
quest'uomo che tu nei fai tanto conto e a lui rivolgi la tua attenzione
[18]e lo scruti ogni mattina e ad ogni istante lo metti alla
prova? [19]Fino a quando da me non toglierai lo sguardo e non mi
lascerai inghiottire la saliva? [20]Se ho peccato, che cosa ti ho
fatto, o custode dell'uomo? Perché m'hai preso a bersaglio e ti son
diventato di peso? [21]Perché non cancelli il mio peccato e non
dimentichi la mia iniquità? Ben presto giacerò nella polvere, mi
cercherai, ma più non sarò!
Giobbe - Capitolo 8
Il corso inarrestabile della giustizia divina[1]Allora prese a
dire Bildad il Suchita:
[2]Fino a quando dirai queste cose e vento impetuoso saranno le
parole della tua bocca? [3]Può forse Dio deviare il diritto o
l'Onnipotente sovvertire la giustizia? [4]Se i tuoi figli hanno
peccato contro di lui, li ha messi in balìa della loro iniquità.
[5]Se tu cercherai Dio e implorerai l'Onnipotente,
[6]se puro e integro tu sei, fin d'ora veglierà su di te e
ristabilirà la dimora della tua giustizia; [7]piccola cosa sarà la
tua condizione di prima, di fronte alla grandezza che avrà la futura.
[8]Chiedilo infatti alle generazioni passate, poni mente
all'esperienza dei loro padri, [9]perché noi siamo di ieri e nulla
sappiamo, come un'ombra sono i nostri giorni sulla terra.
[10]Essi forse non ti istruiranno e ti parleranno traendo le
parole dal cuore? [11]Cresce forse il papiro fuori della palude e
si sviluppa forse il giunco senz'acqua? [12]E' ancora verde, non
buono per tagliarlo, e inaridisce prima d'ogn'altra erba.
[13]Tale il destino di chi dimentica Dio, così svanisce la
speranza dell'empio; [14]la sua fiducia è come un filo e una tela
di ragno è la sua sicurezza: [15]si appoggi alla sua casa, essa non
resiste, vi si aggrappi, ma essa non regge. [16]Rigoglioso sia
pure in faccia al sole e sopra il giardino si spandano i suoi rami,
[17]sul terreno sassoso s'intreccino le sue radici, tra le pietre
attinga la vita. [18]Se lo si toglie dal suo luogo, questo lo
rinnega: «Non t'ho mai visto!». [19]Ecco la gioia del suo destino
e dalla terra altri rispuntano. [20]Dunque, Dio non rigetta
l'uomo integro, e non sostiene la mano dei malfattori.
[21]Colmerà di nuovo la tua bocca di sorriso e le tue labbra di
gioia. [22]I tuoi nemici saran coperti di vergogna e la tenda
degli empi più non sarà.
Giobbe - Capitolo 9
La giustizia divina è al di sopra del diritto[1]Giobbe rispose
dicendo:
[2]In verità io so che è così: e come può un uomo aver ragione
innanzi a Dio? [3]Se uno volesse disputare con lui, non gli
risponderebbe una volta su mille. [4]Saggio di mente, potente per la
forza, chi s'è opposto a lui ed è rimasto salvo? [5]Sposta le
montagne e non lo sanno, egli nella sua ira le sconvolge.
[6]Scuote la terra dal suo posto e le sue colonne tremano.
[7]Comanda al sole ed esso non sorge e alle stelle pone il suo
sigillo. [8]Egli da solo stende i cieli e cammina sulle onde del
mare. [9]Crea l'Orsa e l'Orione, le Pleiadi e i penetrali del
cielo australe. [10]Fa cose tanto grandi da non potersi indagare,
meraviglie da non potersi contare. [11]Ecco, mi passa vicino e
non lo vedo, se ne va e di lui non m'accorgo. [12]Se rapisce
qualcosa, chi lo può impedire? Chi gli può dire: «Che fai?».
[13]Dio non ritira la sua collera: sotto di lui sono fiaccati i
sostenitori di Raab. [14]Tanto meno io potrei rispondergli,
trovare parole da dirgli! [15]Se avessi anche ragione, non
risponderei, al mio giudice dovrei domandare pietà. [16]Se io lo
invocassi e mi rispondesse, non crederei che voglia ascoltare la mia voce.
[17]Egli con una tempesta mi schiaccia, moltiplica le mie piaghe
senza ragione, [18]non mi lascia riprendere il fiato, anzi mi
sazia di amarezze. [19]Se si tratta di forza, è lui che dà il vigore;
se di giustizia, chi potrà citarlo? [20]Se avessi ragione, il mio
parlare mi condannerebbe; se fossi innocente, egli proverebbe che io
sono reo. [21]Sono innocente? Non lo so neppure io, detesto la
mia vita! [22]Per questo io dico: «E' la stessa cosa»: egli fa
perire l'innocente e il reo! [23]Se un flagello uccide
all'improvviso, della sciagura degli innocenti egli ride. [24]La
terra è lasciata in balìa del malfattore: egli vela il volto dei suoi
giudici; se non lui, chi dunque sarà? [25]I miei giorni passano
più veloci d'un corriere, fuggono senza godere alcun bene,
[26]volano come barche di giunchi, come aquila che piomba sulla
preda. [27]Se dico: «Voglio dimenticare il mio gemito, cambiare
il mio volto ed essere lieto», [28]mi spavento per tutti i miei
dolori; so bene che non mi dichiarerai innocente. [29]Se sono
colpevole, perché affaticarmi invano? [30]Anche se mi lavassi con
la neve e pulissi con la soda le mie mani, [31]allora tu mi
tufferesti in un pantano e in orrore mi avrebbero le mie vesti.
[32]Poiché non è uomo come me, che io possa rispondergli:
«Presentiamoci alla pari in giudizio». [33]Non c'è fra noi due un
arbitro che ponga la mano su noi due. [34]Allontani da me la sua
verga sì che non mi spaventi il suo terrore: [35]allora io potrò
parlare senza temerlo, perché così non sono in me stesso.
Giobbe - Capitolo 10
[1]Stanco io sono della mia vita! Darò libero sfogo al mio
lamento, parlerò nell'amarezza del mio cuore. [2]Dirò a Dio: Non
condannarmi! Fammi sapere perché mi sei avversario. [3]E' forse
bene per te opprimermi, disprezzare l'opera delle tue mani e favorire i
progetti dei malvagi? [4]Hai tu forse occhi di carne o anche tu
vedi come l'uomo? [5]Sono forse i tuoi giorni come i giorni di un
uomo, i tuoi anni come i giorni di un mortale, [6]perché tu debba
scrutare la mia colpa e frugare il mio peccato, [7]pur sapendo
ch'io non sono colpevole e che nessuno mi può liberare dalla tua mano?
[8]Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni
parte; vorresti ora distruggermi? [9]Ricordati che come argilla mi
hai plasmato e in polvere mi farai tornare. [10]Non m'hai colato
forse come latte e fatto accagliare come cacio? [11]Di pelle e di
carne mi hai rivestito, d'ossa e di nervi mi hai intessuto.
[12]Vita e benevolenza tu mi hai concesso e la tua premura ha
custodito il mio spirito. [13]Eppure, questo nascondevi nel cuore,
so che questo avevi nel pensiero! [14]Tu mi sorvegli, se pecco,
e non mi lasci impunito per la mia colpa. [15]Se sono colpevole,
guai a me! Se giusto, non oso sollevare la testa, sazio d'ignominia,
come sono, ed ebbro di miseria. [16]Se la sollevo, tu come un
leopardo mi dai la caccia e torni a compiere prodigi contro di me,
[17]su di me rinnovi i tuoi attacchi, contro di me aumenti la tua
ira e truppe sempre fresche mi assalgono. [18]Perché tu mi hai
tratto dal seno materno? Fossi morto e nessun occhio m'avesse mai visto!
[19]Sarei come se non fossi mai esistito; dal ventre sarei stato
portato alla tomba! [20]E non son poca cosa i giorni della mia vita?
Lasciami, sì ch'io possa respirare un poco [21]prima che me ne
vada, senza ritornare, verso la terra delle tenebre e dell'ombra di morte,
[22]terra di caligine e di disordine, dove la luce è come le
tenebre.
Giobbe - Capitolo 11
La sapienza di Dio provoca il riconoscimento di Giobbe[1]Allora
Zofar il Naamatita prese la parola e disse:
[2]A tante parole non si darà risposta? O il loquace dovrà aver
ragione? [3]I tuoi sproloqui faranno tacere la gente? Ti farai
beffe, senza che alcuno ti svergogni? [4]Tu dici: «Pura è la mia
condotta, io sono irreprensibile agli occhi di lui». [5]Tuttavia,
volesse Dio parlare e aprire le labbra contro di te, [6]per
manifestarti i segreti della sapienza, che sono così difficili
all'intelletto, allora sapresti che Dio ti condona parte della tua
colpa. [7]Credi tu di scrutare l'intimo di Dio o di penetrare
la perfezione dell'Onnipotente? [8]E' più alta del cielo: che cosa
puoi fare? E' più profonda degli inferi: che ne sai? [9]Più lunga
della terra ne è la dimensione, più vasta del mare. [10]Se egli
assale e imprigiona e chiama in giudizio, chi glielo può impedire?
[11]Egli conosce gli uomini fallaci, vede l'iniquità e l'osserva:
[12]l'uomo stolto mette giudizio e da ònagro indomito diventa
docile. [13]Ora, se tu a Dio dirigerai il cuore e tenderai a lui
le tue palme, [14]se allontanerai l'iniquità che è nella tua mano
e non farai abitare l'ingiustizia nelle tue tende, [15]allora
potrai alzare la faccia senza macchia e sarai saldo e non avrai timori,
[16]perché dimenticherai l'affanno e te ne ricorderai come di
acqua passata; [17]più del sole meridiano splenderà la tua vita,
l'oscurità sarà per te come l'aurora. [18]Ti terrai sicuro per
ciò che ti attende e, guardandoti attorno, riposerai tranquillo.
[19]Ti coricherai e nessuno ti disturberà, molti anzi cercheranno
i tuoi favori. [20]Ma gli occhi dei malvagi languiranno, ogni
scampo è per essi perduto, unica loro speranza è l'ultimo respiro!
Giobbe - Capitolo 12
La sapienza di Dio si manifesta anche con le devastazioni provocate dalla
sua potenza[1]Giobbe allora rispose:
[2]E' vero, sì, che voi siete la voce del popolo e la sapienza
morirà con voi! [3]Anch'io però ho senno come voi, e non sono da
meno di voi; chi non sa cose simili? [4]Ludibrio del suo amico è
diventato chi grida a Dio perché gli risponda; ludibrio il giusto,
l'integro! [5]«Per la sventura, disprezzo», pensa la gente
prosperosa, «spinte, a colui che ha il piede tremante». [6]Le
tende dei ladri sono tranquille, c'è sicurezza per chi provoca Dio, per
chi vuol ridurre Dio in suo potere. [7]Ma interroga pure le bestie,
perché ti ammaestrino, gli uccelli del cielo, perché ti informino,
[8]o i rettili della terra, perché ti istruiscano o i pesci del
mare perché te lo faccian sapere. [9]Chi non sa, fra tutti questi
esseri, che la mano del Signore ha fatto questo? [10]Egli ha in
mano l'anima di ogni vivente e il soffio d'ogni carne umana.
[11]L'orecchio non distingue forse le parole e il palato non
assapora i cibi? [12]Nei canuti sta la saggezza e nella vita
lunga la prudenza. [13]In lui risiede la sapienza e la forza, a
lui appartiene il consiglio e la prudenza! [14]Ecco, se egli
demolisce, non si può ricostruire, se imprigiona uno, non si può liberare.
[15]Se trattiene le acque, tutto si secca, se le lascia andare,
devastano la terra. [16]Da lui viene potenza e sagacia, a lui
appartiene l'ingannato e l'ingannatore. [17]Rende stolti i
consiglieri della terra, priva i giudici di senno; [18]scioglie
la cintura dei re e cinge i loro fianchi d'una corda. [19]Fa
andare scalzi i sacerdoti e rovescia i potenti. [20]Toglie la
favella ai più veraci e priva del senno i vegliardi. [21]Sui
nobili spande il disprezzo e allenta la cintura ai forti.
[22]Strappa dalle tenebre i segreti e porta alla luce le cose
oscure. [23]Fa grandi i popoli e li lascia perire, estende le
nazioni e le abbandona. [24]Toglie il senno ai capi del paese e
li fa vagare per solitudini senza strade, [25]vanno a tastoni per le
tenebre, senza luce, e barcollano come ubriachi.
Giobbe - Capitolo 13
[1]Ecco, tutto questo ha visto il mio occhio, l'ha udito il mio
orecchio e l'ha compreso. [2]Quel che sapete voi, lo so anch'io;
non sono da meno di voi. [3]Ma io all'Onnipotente vorrei parlare,
a Dio vorrei fare rimostranze. [4]Voi siete raffazzonatori di
menzogne, siete tutti medici da nulla. [5]Magari taceste del
tutto! sarebbe per voi un atto di sapienza! [6]Ascoltate dunque
la mia riprensione e alla difesa delle mie labbra fate attenzione.
[7]Volete forse in difesa di Dio dire il falso e in suo favore
parlare con inganno? [8]Vorreste trattarlo con parzialità e farvi
difensori di Dio? [9]Sarebbe bene per voi se egli vi scrutasse?
Come s'inganna un uomo, credete di ingannarlo? [10]Severamente vi
redarguirà, se in segreto gli siete parziali. [11]Forse la sua
maestà non vi incute spavento e il terrore di lui non vi assale?
[12]Sentenze di cenere sono i vostri moniti, difese di argilla le
vostre difese. [13]Tacete, state lontani da me: parlerò io, mi
capiti quel che capiti. [14]Voglio afferrare la mia carne con i denti
e mettere sulle mie mani la mia vita. [15]Mi uccida pure, non me
ne dolgo; voglio solo difendere davanti a lui la mia condotta!
[16]Questo mi sarà pegno di vittoria, perché un empio non si
presenterebbe davanti a lui. [17]Ascoltate bene le mie parole e
il mio esposto sia nei vostri orecchi. [18]Ecco, tutto ho preparato
per il giudizio, son convinto che sarò dichiarato innocente.
[19]Chi vuol muover causa contro di me? Perché allora tacerò,
pronto a morire. [20]Solo, assicurami due cose e allora non mi
sottrarrò alla tua presenza; [21]allontana da me la tua mano e il
tuo terrore più non mi spaventi; [22]poi interrogami pure e io
risponderò oppure parlerò io e tu mi risponderai. [23]Quante sono
le mie colpe e i miei peccati? Fammi conoscere il mio misfatto e il mio
peccato. [24]Perché mi nascondi la tua faccia e mi consideri come
un nemico? [25]Vuoi spaventare una foglia dispersa dal vento e
dar la caccia a una paglia secca? [26]Poiché scrivi contro di me
sentenze amare e mi rinfacci i miei errori giovanili; [27]tu
metti i miei piedi in ceppi, spii tutti i miei passi e ti segni le orme
dei miei piedi. [28]Intanto io mi disfò come legno tarlato o come
un vestito corroso da tignola.
Giobbe - Capitolo 14
[1]L'uomo, nato di donna, breve di giorni e sazio di inquietudine,
[2]come un fiore spunta e avvizzisce, fugge come l'ombra e mai si
ferma. [3]Tu, sopra un tal essere tieni aperti i tuoi occhi e lo
chiami a giudizio presso di te? [4]Chi può trarre il puro
dall'immondo? Nessuno. [5]Se i suoi giorni sono contati, se il
numero dei suoi mesi dipende da te, se hai fissato un termine che non può
oltrepassare, [6]distogli lo sguardo da lui e lascialo stare
finché abbia compiuto, come un salariato, la sua giornata!
[7]Poiché anche per l'albero c'è speranza: se viene tagliato,
ancora ributta e i suoi germogli non cessano di crescere; [8]se
sotto terra invecchia la sua radice e al suolo muore il suo tronco,
[9]al sentore dell'acqua rigermoglia e mette rami come nuova
pianta. [10]L'uomo invece, se muore, giace inerte, quando il
mortale spira, dov'è? [11]Potranno sparire le acque del mare e i
fiumi prosciugarsi e disseccarsi, [12]ma l'uomo che giace più non
s'alzerà, finché durano i cieli non si sveglierà, né più si desterà dal
suo sonno. [13]Oh, se tu volessi nascondermi nella tomba,
occultarmi, finché sarà passata la tua ira, fissarmi un termine e poi
ricordarti di me! [14]Se l'uomo che muore potesse rivivere,
aspetterei tutti i giorni della mia milizia finché arrivi per me l'ora
del cambio! [15]Mi chiameresti e io risponderei, l'opera delle
tue mani tu brameresti. [16]Mentre ora tu conti i miei passi non
spieresti più il mio peccato: [17]in un sacchetto, chiuso, sarebbe il
mio misfatto e tu cancelleresti la mia colpa. [18]Ohimè! come un
monte finisce in una frana e come una rupe si stacca dal suo posto,
[19]e le acque consumano le pietre, le alluvioni portano via il
terreno: così tu annienti la speranza dell'uomo. [20]Tu lo
abbatti per sempre ed egli se ne va, tu sfiguri il suo volto e lo scacci.
[21]Siano pure onorati i suoi figli, non lo sa; siano
disprezzati, lo ignora! [22]Soltanto i suoi dolori egli sente e
piange sopra di sé.
Giobbe - Capitolo 15
2. SECONDO CICLO DI DISCORSI
Giobbe si condanna con le sue stesse parole[1]Elifaz il Temanita
prese a dire:
[2]Potrebbe il saggio rispondere con ragioni campate in aria e
riempirsi il ventre di vento d'oriente? [3]Si difende egli con parole
senza costrutto e con discorsi inutili? [4]Tu anzi distruggi la
religione e abolisci la preghiera innanzi a Dio. [5]Sì, la tua
malizia suggerisce alla tua bocca e scegli il linguaggio degli astuti.
[6]Non io, ma la tua bocca ti condanna e le tue labbra attestano
contro di te. [7]Sei forse tu il primo uomo che è nato, o, prima
dei monti, sei venuto al mondo? [8]Hai avuto accesso ai segreti
consigli di Dio e ti sei appropriata tu solo la sapienza? [9]Che
cosa sai tu che noi non sappiamo? Che cosa capisci che da noi non si
comprenda? [10]Anche fra di noi c'è il vecchio e c'è il canuto
più di tuo padre, carico d'anni. [11]Poca cosa sono per te le
consolazioni di Dio e una parola moderata a te rivolta?
[12]Perché il tuo cuore ti trasporta e perché fanno cenni i tuoi
occhi, [13]quando volgi contro Dio il tuo animo e fai uscire tali
parole dalla tua bocca? [14]Che cos'è l'uomo perché si ritenga puro,
perché si dica giusto un nato di donna? [15]Ecco, neppure dei
suoi santi egli ha fiducia e i cieli non sono puri ai suoi occhi;
[16]quanto meno un essere abominevole e corrotto, l'uomo, che
beve l'iniquità come acqua. [17]Voglio spiegartelo, ascoltami, ti
racconterò quel che ho visto, [18]quello che i saggi riferiscono,
non celato ad essi dai loro padri; [19]a essi soli fu concessa
questa terra, né straniero alcuno era passato in mezzo a loro.
[20]Per tutti i giorni della vita il malvagio si tormenta;
sono contati gli anni riservati al violento. [21]Voci di spavento
gli risuonano agli orecchi e in piena pace si vede assalito dal predone.
[22]Non crede di potersi sottrarre alle tenebre, egli si sente
destinato alla spada. [23]Destinato in pasto agli avvoltoi, sa
che gli è preparata la rovina. [24]Un giorno tenebroso lo spaventa,
la miseria e l'angoscia l'assalgono come un re pronto all'attacco,
[25]perché ha steso contro Dio la sua mano, ha osato farsi forte
contro l'Onnipotente; [26]correva contro di lui a testa alta, al
riparo del curvo spessore del suo scudo; [27]poiché aveva la faccia
coperta di grasso e pinguedine intorno ai suoi fianchi. [28]Avrà
dimora in città diroccate, in case dove non si abita più, destinate a
diventare macerie. [29]Non arricchirà, non durerà la sua fortuna,
non metterà radici sulla terra. [30]Alle tenebre non sfuggirà,
la vampa seccherà i suoi germogli e dal vento sarà involato il suo
frutto. [31]Non confidi in una vanità fallace, perché sarà una
rovina. [32]La sua fronda sarà tagliata prima del tempo e i suoi
rami non rinverdiranno più. [33]Sarà spogliato come vigna della sua
uva ancor acerba e getterà via come ulivo i suoi fiori,
[34]poiché la stirpe dell'empio è sterile e il fuoco divora le
tende dell'uomo venale. [35]Concepisce malizia e genera sventura
e nel suo seno alleva delusione.
Giobbe - Capitolo 16
Dall'ingiustizia degli uomini alla giustizia di Dio[1]Allora
rispose:
[2]Ne ho udite gia molte di simili cose! Siete tutti consolatori
molesti. [3]Non avran termine le parole campate in aria? O che
cosa ti spinge a rispondere così? [4]Anch'io sarei capace di parlare
come voi, se voi foste al mio posto: vi affogherei con parole e
scuoterei il mio capo su di voi. [5]Vi conforterei con la bocca e
il tremito delle mie labbra cesserebbe. [6]Ma se parlo, non viene
impedito il mio dolore; se taccio, che cosa lo allontana da me?
[7]Ora però egli m'ha spossato, fiaccato, tutto il mio vicinato
mi è addosso; [8]si è costituito testimone ed è insorto contro di
me: il mio calunniatore mi accusa in faccia. [9]La sua
collera mi dilania e mi perseguita; digrigna i denti contro di me, il
mio nemico su di me aguzza gli occhi. [10]Spalancano la bocca contro
di me, mi schiaffeggiano con insulti, insieme si alleano contro di me.
[11]Dio mi consegna come preda all'empio, e mi getta nelle mani
dei malvagi. [12]Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha rovinato,
mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato; ha fatto di me il suo
bersaglio. [13]I suoi arcieri mi circondano; mi trafigge i
fianchi senza pietà, versa a terra il mio fiele, [14]mi apre
ferita su ferita, mi si avventa contro come un guerriero. [15]Ho
cucito un sacco sulla mia pelle e ho prostrato la fronte nella polvere.
[16]La mia faccia è rossa per il pianto e sulle mie palpebre v'è
una fitta oscurità. [17]Non c'è violenza nelle mie mani e pura è
stata la mia preghiera. [18]O terra, non coprire il mio sangue e
non abbia sosta il mio grido! [19]Ma ecco, fin d'ora il mio testimone
è nei cieli, il mio mallevadore è lassù; [20]miei avvocati presso
Dio sono i miei lamenti, mentre davanti a lui sparge lacrime il mio occhio,
[21]perché difenda l'uomo davanti a Dio, come un mortale fa con
un suo amico; [22]poiché passano i miei anni contati e io me ne
vado per una via senza ritorno.
Giobbe - Capitolo 17
[1]Il mio spirito vien meno, i miei giorni si spengono; non
c'è per me che la tomba! [2]Non sono io in balìa di beffardi? Fra
i loro insulti veglia il mio occhio. [3]Sii tu la mia garanzia presso
di te! Qual altro vorrebbe stringermi la destra? [4]Poiché hai
privato di senno la loro mente, per questo non li lascerai trionfare.
[5]Come chi invita gli amici a parte del suo pranzo, mentre gli
occhi dei suoi figli languiscono; [6]così son diventato ludibrio dei
popoli sono oggetto di scherno davanti a loro. [7]Si offusca per
il dolore il mio occhio e le mie membra non sono che ombra.
[8]Gli onesti ne rimangono stupiti e l'innocente s'indigna contro
l'empio. [9]Ma il giusto si conferma nella sua condotta e chi ha
le mani pure raddoppia il coraggio. [10]Su, venite di nuovo tutti:
io non troverò un saggio fra di voi. [11]I miei giorni sono
passati, svaniti i miei progetti, i voti del mio cuore.
[12]Cambiano la notte in giorno, la luce - dicono - è più vicina
delle tenebre. [13]Se posso sperare qualche cosa, la tomba è la mia
casa, nelle tenebre distendo il mio giaciglio. [14]Al
sepolcro io grido: «Padre mio sei tu!» e ai vermi: «Madre mia, sorelle mie
voi siete!». [15]E la mia speranza dov'è? Il mio benessere chi lo
vedrà? [16]Scenderanno forse con me nella tomba o caleremo
insieme nella polvere!
Giobbe - Capitolo 18
La collera non può nulla contro la giustizia[1]Bildad il Suchita
prese a dire:
[2]Quando porrai fine alle tue chiacchiere? Rifletti bene e poi
parleremo. [3]Perché considerarci come bestie, ci fai passare per
bruti ai tuoi occhi? [4]Tu che ti rodi l'anima nel tuo furore,
forse per causa tua sarà abbandonata la terra e le rupi si staccheranno
dal loro posto? [5]Certamente la luce del malvagio si spegnerà e
più non brillerà la fiamma del suo focolare. [6]La luce si offuscherà
nella sua tenda e la lucerna si estinguerà sopra di lui. [7]Il
suo energico passo s'accorcerà e i suoi progetti lo faran precipitare,
[8]poiché incapperà in una rete con i suoi piedi e sopra un
tranello camminerà. [9]Un laccio l'afferrerà per il calcagno, un
nodo scorsoio lo stringerà. [10]Gli è nascosta per terra una fune
e gli è tesa una trappola sul sentiero. [11]Lo spaventano da
tutte le parti terrori e lo inseguono alle calcagna.
[12]Diventerà carestia la sua opulenza e la rovina è lì in piedi
al suo fianco. [13]Un malanno divorerà la sua pelle, roderà le
sue membra il primogenito della morte. [14]Sarà tolto dalla tenda in
cui fidava, per essere trascinato al re dei terrori! [15]Potresti
abitare nella tenda che non è più sua; sulla sua dimora si spargerà zolfo.
[16]Al di sotto, le sue radici si seccheranno, sopra, saranno
tagliati i suoi rami. [17]Il suo ricordo sparirà dalla terra e il
suo nome più non si udrà per la contrada. [18]Lo getteranno dalla
luce nel buio e dal mondo lo stermineranno. [19]Non famiglia, non
discendenza avrà nel suo popolo, non superstiti nei luoghi della sua
dimora. [20]Della sua fine stupirà l'occidente e l'oriente ne
prenderà orrore. [21]Ecco qual è la sorte dell'iniquo: questa è
la dimora di chi misconosce Dio.
Giobbe - Capitolo 19
Il trionfo della fede nell'abbandono di Dio e degli
uomini[1]Giobbe allora rispose:
[2]Fino a quando mi tormenterete e mi opprimerete con le vostre
parole? [3]Son dieci volte che mi insultate e mi maltrattate
senza pudore. [4]E' poi vero che io abbia mancato e che persista
nel mio errore? [5]Non è forse vero che credete di vincere contro di
me, rinfacciandomi la mia abiezione? [6]Sappiate dunque che Dio
mi ha piegato e mi ha avviluppato nella sua rete. [7]Ecco, grido
contro la violenza, ma non ho risposta, chiedo aiuto, ma non c'è giustizia!
[8]Mi ha sbarrato la strada perché non passi e sul mio sentiero
ha disteso le tenebre. [9]Mi ha spogliato della mia gloria e mi
ha tolto dal capo la corona. [10]Mi ha disfatto da ogni parte e io
sparisco, mi ha strappato, come un albero, la speranza. [11]Ha
acceso contro di me la sua ira e mi considera come suo nemico.
[12]Insieme sono accorse le sue schiere e si sono spianata la
strada contro di me; hanno posto l'assedio intorno alla mia tenda.
[13]I miei fratelli si sono allontanati da me, persino gli amici
mi si sono fatti stranieri. [14]Scomparsi sono vicini e conoscenti,
mi hanno dimenticato gli ospiti di casa; [15]da estraneo mi
trattano le mie ancelle, un forestiero sono ai loro occhi.
[16]Chiamo il mio servo ed egli non risponde, devo supplicarlo
con la mia bocca. [17]Il mio fiato è ripugnante per mia moglie e
faccio schifo ai figli di mia madre. [18]Anche i monelli hanno
ribrezzo di me: se tento d'alzarmi, mi danno la baia. [19]Mi
hanno in orrore tutti i miei confidenti: quelli che amavo si rivoltano
contro di me. [20]Alla pelle si attaccano le mie ossa e non è
salva che la pelle dei miei denti. [21]Pietà, pietà di me, almeno voi
miei amici, perché la mano di Dio mi ha percosso! [22]Perché vi
accanite contro di me, come Dio, e non siete mai sazi della mia carne?
[23]Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un
libro, [24]fossero impresse con stilo di ferro sul piombo, per
sempre s'incidessero sulla roccia! [25]Io lo so che il mio
Vendicatore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!
[26]Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne,
vedrò Dio. [27]Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo
contempleranno non da straniero. Le mie viscere si consumano dentro di me.
[28]Poiché dite: «Come lo perseguitiamo noi, se la radice del suo
danno è in lui?», [29]temete per voi la spada, poiché punitrice
d'iniquità è la spada, affinchè sappiate che c'è un giudice.
Giobbe - Capitolo 20
L'ordine della giustizia non ammette eccezioni[1]Zofar il
Naamatita prese a dire:
[2]Per questo i miei pensieri mi spingono a rispondere e perciò
v'è questa fretta dentro di me. [3]Ho ascoltato un rimprovero per me
offensivo, ma uno spirito, dal mio interno, mi spinge a replicare.
[4]Non sai tu che da sempre, da quando l'uomo fu posto sulla
terra, [5]il trionfo degli empi è breve e la gioia del perverso è
d'un istante? [6]Anche se innalzasse fino al cielo la sua statura
e il suo capo toccasse le nubi, [7]come lo sterco sarebbe
spazzato per sempre e chi lo aveva visto direbbe: «Dov'è?».
[8]Svanirà come un sogno, e non si troverà più, si dileguerà come
visione notturna. [9]L'occhio avvezzo a vederlo più non lo vedrà,
né più lo scorgerà la sua dimora. [10]I suoi figli dovranno
risarcire i poveri, le loro mani restituiranno le sue ricchezze.
[11]Le sue ossa erano ancora piene di giovinezza, ma con lui
giacciono nella polvere. [12]Se alla sua bocca fu dolce il male,
se lo teneva nascosto sotto la sua lingua, [13]assaporandolo
senza inghiottirlo, se lo tratteneva in mezzo al suo palato:
[14]il suo cibo gli si guasterà nelle viscere, veleno d'aspidi
gli sarà nell'intestino. [15]I beni divorati ora rivomita, Dio
glieli caccia fuori dal ventre. [16]Veleno d'aspide ha succhiato,
una lingua di vipera lo uccide. [17]Non vedrà più ruscelli
d'olio, fiumi di miele e fior di latte; [18]renderà i sudati
acquisti senza assaggiarli, come non godrà del frutto del suo commercio,
[19]perché ha oppresso e abbandonato i miseri, ha rubato case
invece di costruirle; [20]perché non ha saputo essere pago dei suoi
beni, con i suoi tesori non si salverà. [21]Nulla è sfuggito alla
sua voracità, per questo non durerà il suo benessere. [22]Nel
colmo della sua abbondanza si troverà in miseria; ogni sorta di sciagura
piomberà su di lui. [23]Quando starà per riempire il suo ventre,
Dio scaglierà su di lui la fiamma del suo sdegno, e gli farà piovere
addosso brace. [24]Se sfuggirà l'arma di ferro, lo trafiggerà
l'arco di bronzo: [25]gli uscirà il dardo dalla schiena, una
spada lucente dal fegato. Lo assaliranno i terrori; [26]tutte le
tenebre gli sono riservate. Lo divorerà un fuoco non acceso da un uomo,
esso consumerà quanto è rimasto nella sua tenda. [27]Riveleranno
i cieli la sua iniquità e la terra si alzerà contro di lui.
[28]Un'alluvione travolgerà la sua casa, scorrerà nel giorno
dell'ira. [29]Questa è la sorte che Dio riserva all'uomo
perverso, la parte a lui decretata da Dio.
Giobbe - Capitolo 21
La smentita dei fatti[1]Giobbe rispose:
[2]Ascoltate bene la mia parola e sia questo almeno il conforto
che mi date. [3]Tollerate che io parli e, dopo il mio parlare,
deridetemi pure. [4]Forse io mi lamento di un uomo? E perché non
dovrei perder la pazienza? [5]Statemi attenti e resterete stupiti,
mettetevi la mano sulla bocca. [6]Se io ci penso, ne sono turbato
e la mia carne è presa da un brivido. [7]Perché vivono i malvagi,
invecchiano, anzi sono potenti e gagliardi? [8]La loro prole
prospera insieme con essi, i loro rampolli crescono sotto i loro occhi.
[9]Le loro case sono tranquille e senza timori; il bastone di Dio
non pesa su di loro. [10]Il loro toro feconda e non falla, la
vacca partorisce e non abortisce. [11]Mandano fuori, come un gregge,
i loro ragazzi e i loro figli saltano in festa. [12]Cantano al
suono di timpani e di cetre, si divertono al suono delle zampogne.
[13]Finiscono nel benessere i loro giorni e scendono tranquilli
negli inferi. [14]Eppure dicevano a Dio: «Allontanati da noi, non
vogliamo conoscer le tue vie. [15]Chi è l'Onnipotente, perché
dobbiamo servirlo? E che ci giova pregarlo?». [16]Non hanno forse
in mano il loro benessere? Il consiglio degli empi non è lungi da lui?
[17]Quante volte si spegne la lucerna degli empi, o la sventura
piomba su di loro, e infliggerà loro castighi con ira?
[18]Diventano essi come paglia di fronte al vento o come pula in
preda all'uragano? [19]«Dio serba per i loro figli il suo
castigo...». Ma lo faccia pagare piuttosto a lui stesso e lo senta!
[20]Veda con i suoi occhi la sua rovina e beva dell'ira
dell'Onnipotente! [21]Che cosa gli importa infatti della sua casa
dopo di sé, quando il numero dei suoi mesi è finito?
[22]S'insegna forse la scienza a Dio, a lui che giudica gli
esseri di lassù? [23]Uno muore in piena salute, tutto tranquillo
e prospero; [24]i suoi fianchi sono coperti di grasso e il
midollo delle sue ossa è ben nutrito. [25]Un altro muore con
l'amarezza in cuore senza aver mai gustato il bene. [26]Nella
polvere giacciono insieme e i vermi li ricoprono. [27]Ecco, io
conosco i vostri pensieri e gli iniqui giudizi che fate contro di me!
[28]Infatti, voi dite: «Dov'è la casa del prepotente, dove
sono le tende degli empi?». [29]Non avete interrogato quelli che
viaggiano? Non potete negare le loro prove, [30]che nel giorno
della sciagura è risparmiato il malvagio e nel giorno dell'ira egli la
scampa. [31]Chi gli rimprovera in faccia la sua condotta e di
quel che ha fatto chi lo ripaga? [32]Egli sarà portato al sepolcro,
sul suo tumulo si veglia [33]e gli sono lievi le zolle della
tomba. Trae dietro di sé tutti gli uomini e innanzi a sé una folla senza
numero. [34]Perché dunque mi consolate invano, mentre delle
vostre risposte non resta che inganno?
Giobbe - Capitolo 22
3. TERZO CICLO DI DISCORSI
Dio castiga solo in nome della giustizia[1]Elifaz il Temanita
prese a dire:
[2]Può forse l'uomo giovare a Dio, se il saggio giova solo a se
stesso? [3]Quale interesse ne viene all'Onnipotente che tu sia
giusto o che vantaggio ha, se tieni una condotta integra?
[4]Forse per la tua pietà ti punisce e ti convoca in giudizio?
[5]O non piuttosto per la tua grande malvagità e per le tue
iniquità senza limite? [6]Senza motivo infatti hai angariato i tuoi
fratelli e delle vesti hai spogliato gli ignudi. [7]Non hai dato
da bere all'assetato e all'affamato hai rifiutato il pane, [8]la
terra l'ha il prepotente e vi abita il tuo favorito. [9]Le vedove
hai rimandato a mani vuote e le braccia degli orfani hai rotto.
[10]Ecco perché d'intorno a te ci sono lacci e un improvviso
spavento ti sorprende. [11]Tenebra è la tua luce e più non vedi e
la piena delle acque ti sommerge. [12]Ma Dio non è nell'alto dei
cieli? Guarda il vertice delle stelle: quanto sono alte! [13]E tu
dici: «Che cosa sa Dio? Può giudicare attraverso la caligine?
[14]Le nubi gli fanno velo e non vede e sulla volta dei cieli
passeggia». [15]Vuoi tu seguire il sentiero d'un tempo, gia
battuto da uomini empi, [16]che prima del tempo furono portati via,
quando un fiume si era riversato sulle loro fondamenta?
[17]Dicevano a Dio: «Allontànati da noi! Che cosa ci può fare
l'Onnipotente?». [18]Eppure egli aveva riempito le loro case di beni,
anche se i propositi degli empi erano lontani da lui. [19]I
giusti ora vedono e ne godono e l'innocente si beffa di loro:
[20]«Sì, certo è stata annientata la loro fortuna e il fuoco ne
ha divorati gli avanzi!». [21]Su, riconcìliati con lui e tornerai
felice, ne riceverai un gran vantaggio. [22]Accogli la legge
dalla sua bocca e poni le sue parole nel tuo cuore. [23]Se ti
rivolgerai all'Onnipotente con umiltà, se allontanerai l'iniquità dalla tua
tenda, [24]se stimerai come polvere l'oro e come ciottoli dei
fiumi l'oro di Ofir, [25]allora sarà l'Onnipotente il tuo oro e
sarà per te argento a mucchi. [26]Allora sì, nell'Onnipotente ti
delizierai e alzerai a Dio la tua faccia. [27]Lo supplicherai ed
egli t'esaudirà e tu scioglierai i tuoi voti. [28]Deciderai una
cosa e ti riuscirà e sul tuo cammino splenderà la luce. [29]Egli
umilia l'alterigia del superbo, ma soccorre chi ha gli occhi bassi.
[30]Egli libera l'innocente; tu sarai liberato per la purezza
delle tue mani.
Giobbe - Capitolo 23
Dio è lontano e il male trionfa[1]Giobbe allora rispose:
[2]Ancor oggi il mio lamento è amaro e la sua mano grava sopra i
miei gemiti. [3]Oh, potessi sapere dove trovarlo, potessi
arrivare fino al suo trono! [4]Esporrei davanti a lui la mia causa
e avrei piene le labbra di ragioni. [5]Verrei a sapere le parole
che mi risponde e capirei che cosa mi deve dire. [6]Con sfoggio
di potenza discuterebbe con me? Se almeno mi ascoltasse!
[7]Allora un giusto discuterebbe con lui e io per sempre sarei
assolto dal mio giudice. [8]Ma se vado in avanti, egli non c'è,
se vado indietro, non lo sento. [9]A sinistra lo cerco e non lo
scorgo, mi volgo a destra e non lo vedo. [10]Poiché egli conosce
la mia condotta, se mi prova al crogiuolo, come oro puro io ne esco.
[11]Alle sue orme si è attaccato il mio piede, al suo cammino mi
sono attenuto e non ho deviato; [12]dai comandi delle sue labbra non
mi sono allontanato, nel cuore ho riposto i detti della sua bocca.
[13]Se egli sceglie, chi lo farà cambiare? Ciò che egli vuole, lo
fa. [14]Compie, certo, il mio destino e di simili piani ne ha
molti. [15]Per questo davanti a lui sono atterrito, ci penso e ho
paura di lui. [16]Dio ha fiaccato il mio cuore, l'Onnipotente mi
ha atterrito; [17]non sono infatti perduto a causa della tenebra,
né a causa dell'oscurità che ricopre il mio volto.
Giobbe - Capitolo 24
[1]Perché l'Onnipotente non si riserva i suoi tempi e i suoi
fedeli non vedono i suoi giorni? [2]I malvagi spostano i confini,
rubano le greggi e le menano al pascolo; [3]portano via l'asino
degli orfani, prendono in pegno il bue della vedova. [4]Spingono
i poveri fuori strada, tutti i miseri del paese vanno a nascondersi.
[5]Eccoli, come ònagri nel deserto escono per il lavoro; di
buon mattino vanno in cerca di vitto; la steppa offre loro cibo per i figli.
[6]Mietono nel campo non loro; racimolano la vigna del malvagio.
[7]Nudi passan la notte, senza panni, non hanno da coprirsi
contro il freddo. [8]Dagli scrosci dei monti sono bagnati, per
mancanza di rifugi si aggrappano alle rocce. [9]Rapiscono con
violenza l'orfano e prendono in pegno ciò che copre il povero.
[10]Ignudi se ne vanno, senza vesti e affamati portano i covoni.
[11]Tra i filari frangono le olive, pigiano l'uva e soffrono la
sete. [12]Dalla città si alza il gemito dei moribondi e l'anima
dei feriti grida aiuto: Dio non presta attenzione alle loro preghiere.
[13]Altri odiano la luce, non ne vogliono riconoscere le vie
né vogliono batterne i sentieri. [14]Quando non c'è luce, si alza
l'omicida per uccidere il misero e il povero; nella notte si aggira il
ladro e si mette un velo sul volto. [15]L'occhio dell'adultero
spia il buio e pensa: «Nessun occhio mi osserva!». [16]Nelle
tenebre forzano le case, di giorno se ne stanno nascosti: non vogliono
saperne della luce; [17]l'alba è per tutti loro come spettro di
morte; quando schiarisce, provano i terrori del buio fondo.
[18]Fuggono veloci di fronte al giorno; maledetta è la loro
porzione di campo sulla terra, non si volgono più per la strada delle vigne.
[19]Come siccità e calore assorbono le acque nevose, così la
morte rapisce il peccatore. [20]Il seno che l'ha portato lo
dimentica, i vermi ne fanno la loro delizia, non se ne conserva la
memoria ed è troncata come un albero l'iniquità. [21]Egli
maltratta la sterile che non genera e non fa del bene alla vedova.
[22]Ma egli con la sua forza trascina i potenti, sorge quando più
non può contare sulla vita. [23]Anche Dio gli concede sicurezza ed
egli sta saldo, ma i suoi occhi sono sopra la sua condotta.
[24]Salgono in alto per un poco, poi non sono più, sono buttati
giù come tutti i mortali, falciati come la testa di una spiga.
[25]Non è forse così? Chi può smentirmi e ridurre a nulla le mie
parole?
Giobbe - Capitolo 25
Inno all'onnipotenza di Dio[1]Bildad il Suchita prese a dire:
[2]V'è forse dominio e paura presso Colui Che mantiene la pace
nell'alto dei cieli? [3]Si possono forse contare le sue schiere?
E sopra chi non sorge la sua luce? [4]Come può giustificarsi un
uomo davanti a Dio e apparire puro un nato di donna? [5]Ecco, la
luna stessa manca di chiarore e le stelle non sono pure ai suoi occhi:
[6]quanto meno l'uomo, questo verme, l'essere umano, questo
bruco!
Giobbe - Capitolo 26
Bildad parla all'aria[1]Giobbe rispose:
[2]Quanto aiuto hai dato al debole e come hai soccorso il braccio
senza forza! [3]Quanti buoni consigli hai dato all'ignorante e
con quanta abbondanza hai manifestato la saggezza! [4]A chi hai tu
rivolto la parola e qual è lo spirito che da te è uscito? [5]I
morti tremano sotto terra, come pure le acque e i loro abitanti.
[6]Nuda è la tomba davanti a lui e senza velo è l'abisso.
[7]Egli stende il settentrione sopra il vuoto, tiene sospesa la
terra sopra il nulla. [8]Rinchiude le acque dentro le nubi, e le
nubi non si squarciano sotto il loro peso. [9]Copre la vista del suo
trono stendendovi sopra la sua nube. [10]Ha tracciato un cerchio
sulle acque, sino al confine tra la luce e le tenebre. [11]Le
colonne del cielo si scuotono, sono prese da stupore alla sua minaccia.
[12]Con forza agita il mare e con intelligenza doma Raab.
[13]Al suo soffio si rasserenano i cieli, la sua mano trafigge il
serpente tortuoso. [14]Ecco, questi non sono che i margini delle sue
opere; quanto lieve è il sussurro che noi ne percepiamo! Ma il tuono
della sua potenza chi può comprenderlo?
Giobbe - Capitolo 27
Giobbe, innocente, conosce la potenza di Dio[1]Giobbe continuò a
dire:
[2]Per la vita di Dio, che mi ha privato del mio diritto, per
l'Onnipotente che mi ha amareggiato l'animo, [3]finché ci sarà in me
un soffio di vita, e l'alito di Dio nelle mie narici, [4]mai le
mie labbra diranno falsità e la mia lingua mai pronunzierà menzogna!
[5]Lungi da me che io mai vi dia ragione; fino alla morte non
rinunzierò alla mia integrità. [6]Mi terrò saldo nella mia giustizia
senza cedere, la mia coscienza non mi rimprovera nessuno dei miei
giorni. [7]Sia trattato come reo il mio nemico e il mio
avversario come un ingiusto. [8]Che cosa infatti può sperare l'empio,
quando finirà, quando Dio gli toglierà la vita? [9]Ascolterà
forse Dio il suo grido, quando la sventura piomberà su di lui?
[10]Porrà forse la sua compiacenza nell'Onnipotente? Potrà forse
invocare Dio in ogni momento? [11]Io vi mostrerò la mano di Dio,
non vi celerò i pensieri dell'Onnipotente. [12]Ecco, voi tutti lo
vedete; perché dunque vi perdete in cose vane?
Discorso di Zofar: Il maledetto[13]Questa è la sorte che Dio
riserva al malvagio e la porzione che i violenti ricevono
dall'Onnipotente. [14]Se ha molti figli, saranno per la spada
e i suoi discendenti non avranno pane da sfamarsi; [15]i
superstiti li seppellirà la peste e le loro vedove non faranno lamento.
[16]Se ammassa argento come la polvere e come fango si prepara
vesti: [17]egli le prepara, ma il giusto le indosserà e l'argento
lo spartirà l'innocente. [18]Ha costruito la casa come fragile nido
e come una capanna fatta da un guardiano. [19]Si corica ricco, ma
per l'ultima volta, quando apre gli occhi, non avrà più nulla.
[20]Di giorno il terrore lo assale, di notte se lo rapisce il
turbine; [21]il vento d'oriente lo solleva e se ne va, lo strappa
lontano dal suo posto. [22]Dio lo bersaglia senza pietà; tenta di
sfuggire alla sua mano. [23]Si battono le mani contro di lui e si
fischia su di lui dal luogo dove abita.
Giobbe - Capitolo 28
4. ELOGIO DELLA SAPIENZA
La sapienza inaccessibile all'uomo[1]Certo, per l'argento vi
sono miniere e per l'oro luoghi dove esso si raffina. [2]Il ferro
si cava dal suolo e la pietra fusa libera il rame. [3]L'uomo pone
un termine alle tenebre e fruga fino all'estremo limite le rocce nel
buio più fondo. [4]Forano pozzi lungi dall'abitato coloro che
perdono l'uso dei piedi: pendono sospesi lontano dalla gente e vacillano.
[5]Una terra, da cui si trae pane, di sotto è sconvolta come dal
fuoco. [6]Le sue pietre contengono zaffiri e oro la sua polvere.
[7]L'uccello rapace ne ignora il sentiero, non lo scorge neppure
l'occhio dell'aquila, [8]non battuto da bestie feroci, né mai
attraversato dal leopardo. [9]Contro la selce l'uomo porta la mano,
sconvolge le montagne: [10]nelle rocce scava gallerie e su
quanto è prezioso posa l'occhio: [11]scandaglia il fondo dei fiumi
e quel che vi è nascosto porta alla luce. [12]Ma la sapienza da
dove si trae? E il luogo dell'intelligenza dov'è? [13]L'uomo non
ne conosce la via, essa non si trova sulla terra dei viventi.
[14]L'abisso dice: «Non è in me!» e il mare dice: «Neppure presso
di me!». [15]Non si scambia con l'oro più scelto, né per
comprarla si pesa l'argento. [16]Non si acquista con l'oro di Ofir,
con il prezioso berillo o con lo zaffiro. [17]Non la pareggia
l'oro e il cristallo, né si permuta con vasi di oro puro.
[18]Coralli e perle non meritano menzione, vale più scoprire la
sapienza che le gemme. [19]Non la eguaglia il topazio d'Etiopia;
con l'oro puro non si può scambiare a peso. [20]Ma da dove viene
la sapienza? E il luogo dell'intelligenza dov'è? [21]E' nascosta
agli occhi di ogni vivente ed è ignota agli uccelli del cielo.
[22]L'abisso e la morte dicono: «Con gli orecchi ne udimmo la
fama». [23]Dio solo ne conosce la via, lui solo sa dove si trovi,
[24]perché volge lo sguardo fino alle estremità della terra,
vede quanto è sotto la volta del cielo. [25]Quando diede al vento
un peso e ordinò alle acque entro una misura, [26]quando impose
una legge alla pioggia e una via al lampo dei tuoni; [27]allora
la vide e la misurò, la comprese e la scrutò appieno [28]e disse
all'uomo: «Ecco, temere Dio, questo è sapienza e schivare il male,
questo è intelligenza».
Giobbe - Capitolo 29
5. CONCLUSIONE DEL DIALOGO
Lamenti e apologia di Giobbe:
A. I giorni passati[1]Giobbe continuò a pronunziare le sue
sentenze e disse:
[2]Oh, potessi tornare com'ero ai mesi di un tempo, ai giorni in
cui Dio mi proteggeva, [3]quando brillava la sua lucerna sopra il mio
capo e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre; [4]com'ero
ai giorni del mio autunno, quando Dio proteggeva la mia tenda,
[5]quando l'Onnipotente era ancora con me e i giovani mi stavano
attorno; [6]quando mi lavavo in piedi nel latte e la roccia mi
versava ruscelli d'olio! [7]Quando uscivo verso la porta della città
e sulla piazza ponevo il mio seggio: [8]vedendomi, i giovani si
ritiravano e i vecchi si alzavano in piedi; [9]i notabili
sospendevano i discorsi e si mettevan la mano sulla bocca; [10]la
voce dei capi si smorzava e la loro lingua restava fissa al palato;
[11]con gli orecchi ascoltavano e mi dicevano felice, con gli
occhi vedevano e mi rendevano testimonianza, [12]perché soccorrevo il
povero che chiedeva aiuto, l'orfano che ne era privo. [13]La
benedizione del morente scendeva su di me e al cuore della vedova infondevo
la gioia. [14]Mi ero rivestito di giustizia come di un
vestimento; come mantello e turbante era la mia equità.
[15]Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo.
[16]Padre io ero per i poveri ed esaminavo la causa dello
sconosciuto; [17]rompevo la mascella al perverso e dai suoi denti
strappavo la preda. [18]Pensavo: «Spirerò nel mio nido e
moltiplicherò come sabbia i miei giorni». [19]La mia radice avrà
adito alle acque e la rugiada cadrà di notte sul mio ramo. [20]La
mia gloria sarà sempre nuova e il mio arco si rinforzerà nella mia mano.
[21]Mi ascoltavano in attesa fiduciosa e tacevano per udire il
mio consiglio. [22]Dopo le mie parole non replicavano e su di
loro scendevano goccia a goccia i miei detti. [23]Mi attendevano come
si attende la pioggia e aprivano la bocca come ad acqua primaverile.
[24]Se a loro sorridevo, non osavano crederlo, né turbavano la
serenità del mio volto. [25]Indicavo loro la via da seguire e sedevo
come capo, e vi rimanevo come un re fra i soldati o come un consolatore
d'afflitti.
Giobbe - Capitolo 30
B. Angoscia presente[1]Ora invece si ridono di me i più
giovani di me in età, i cui padri non avrei degnato di mettere tra i
cani del mio gregge. [2]Anche la forza delle loro mani a che mi
giova? Hanno perduto ogni vigore; [3]disfatti dalla indigenza e
dalla fame, brucano per l'arido deserto, [4]da lungo tempo
regione desolata, raccogliendo l'erba salsa accanto ai cespugli e radici
di ginestra per loro cibo. [5]Cacciati via dal consorzio umano, a
loro si grida dietro come al ladro; [6]sì che dimorano in valli
orrende, nelle caverne della terra e nelle rupi. [7]In mezzo alle
macchie urlano e sotto i roveti si adunano; [8]razza ignobile,
anzi razza senza nome, sono calpestati più della terra. [9]Ora io
sono la loro canzone, sono diventato la loro favola! [10]Hanno
orrore di me e mi schivano e non si astengono dallo sputarmi in faccia!
[11]Poiché egli ha allentato il mio arco e mi ha abbattuto,
essi han rigettato davanti a me ogni freno. [12]A destra insorge
la ragazzaglia; smuovono i miei passi e appianano la strada contro di me
per perdermi. [13]Hanno demolito il mio sentiero, cospirando per
la mia disfatta e nessuno si oppone a loro. [14]Avanzano come
attraverso una larga breccia, sbucano in mezzo alle macerie.
[15]I terrori si sono volti contro di me; si è dileguata, come
vento, la mia grandezza e come nube è passata la mia felicità.
[16]Ora mi consumo e mi colgono giorni d'afflizione.
[17]Di notte mi sento trafiggere le ossa e i dolori che mi rodono
non mi danno riposo. [18]A gran forza egli mi afferra per la veste,
mi stringe per l'accollatura della mia tunica. [19]Mi ha gettato
nel fango: son diventato polvere e cenere. [20]Io grido a te, ma
tu non mi rispondi, insisto, ma tu non mi dai retta. [21]Tu sei
un duro avversario verso di me e con la forza delle tue mani mi perseguiti;
[22]mi sollevi e mi poni a cavallo del vento e mi fai sballottare
dalla bufera. [23]So bene che mi conduci alla morte, alla casa
dove si riunisce ogni vivente. [24]Ma qui nessuno tende la mano alla
preghiera, né per la sua sventura invoca aiuto. [25]Non ho pianto
io forse con chi aveva i giorni duri e non mi sono afflitto per l'indigente?
[26]Eppure aspettavo il bene ed è venuto il male, aspettavo la
luce ed è venuto il buio. [27]Le mie viscere ribollono senza posa
e giorni d'affanno mi assalgono. [28]Avanzo con il volto scuro,
senza conforto, nell'assemblea mi alzo per invocare aiuto.
[29]Sono divenuto fratello degli sciacalli e compagno degli
struzzi. [30]La mia pelle si è annerita, mi si stacca e le mie
ossa bruciano dall'arsura. [31]La mia cetra serve per lamenti e
il mio flauto per la voce di chi piange.
Giobbe - Capitolo 31
Apologia di Giobbe[1]Avevo stretto con gli occhi un patto di
non fissare neppure una vergine. [2]Che parte mi assegna Dio di lassù
e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto? [3]Non è forse
la rovina riservata all'iniquo e la sventura per chi compie il male?
[4]Non vede egli la mia condotta e non conta tutti i miei passi?
[5]Se ho agito con falsità e il mio piede si è affrettato verso
la frode, [6]mi pesi pure sulla bilancia della giustizia e Dio
riconoscerà la mia integrità. [7]Se il mio passo è andato fuori
strada e il mio cuore ha seguito i miei occhi, se alla mia mano si è
attaccata sozzura, [8]io semini e un altro ne mangi il frutto e
siano sradicati i miei germogli. [9]Se il mio cuore fu sedotto da una
donna e ho spiato alla porta del mio prossimo, [10]mia moglie
macini per un altro e altri ne abusino; [11]difatti quello è uno
scandalo, un delitto da deferire ai giudici, [12]quello è un
fuoco che divora fino alla distruzione e avrebbe consumato tutto il mio
raccolto. [13]Se ho negato i diritti del mio schiavo e della
schiava in lite con me, [14]che farei, quando Dio si alzerà, e,
quando farà l'inchiesta, che risponderei? [15]Chi ha fatto me nel
seno materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel
seno? [16]Mai ho rifiutato quanto brama il povero, né ho lasciato
languire gli occhi della vedova; [17]mai da solo ho mangiato il mio
tozzo di pane, senza che ne mangiasse l'orfano, [18]poiché Dio,
come un padre, mi ha allevato fin dall'infanzia e fin dal ventre di mia
madre mi ha guidato. [19]Se mai ho visto un misero privo di vesti
o un povero che non aveva di che coprirsi, [20]se non hanno
dovuto benedirmi i suoi fianchi, o con la lana dei miei agnelli non si è
riscaldato; [21]se contro un innocente ho alzato la mano, perché
vedevo alla porta chi mi spalleggiava, [22]mi si stacchi la spalla
dalla nuca e si rompa al gomito il mio braccio, [23]perché mi
incute timore la mano di Dio e davanti alla sua maestà non posso resistere.
[24]Se ho riposto la mia speranza nell'oro e all'oro fino ho
detto: «Tu sei la mia fiducia»; [25]se godevo perché grandi erano i
miei beni e guadagnava molto la mia mano; [26]se vedendo il sole
risplendere e la luna chiara avanzare, [27]si è lasciato sedurre
in segreto il mio cuore e con la mano alla bocca ho mandato un bacio,
[28]anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale, perché
avrei rinnegato Dio che sta in alto. [29]Ho gioito forse della
disgrazia del mio nemico e ho esultato perché lo colpiva la sventura,
[30]io che non ho permesso alla mia lingua di peccare, augurando
la sua morte con imprecazioni? [31]Non diceva forse la gente della
mia tenda: «A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?».
[32]All'aperto non passava la notte lo straniero e al viandante
aprivo le mie porte. [33]Non ho nascosto, alla maniera degli uomini,
la mia colpa, tenendo celato il mio delitto in petto,
[34]come se temessi molto la folla, e il disprezzo delle tribù mi
spaventasse, sì da starmene zitto senza uscire di casa. [38]Se
contro di me grida la mia terra e i suoi solchi piangono con essa;
[39]se ho mangiato il suo frutto senza pagare e ho fatto
sospirare dalla fame i suoi coltivatori, [40]in luogo di frumento,
getti spine, ed erbaccia al posto dell'orzo. [35]Oh, avessi uno
che mi ascoltasse! Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda! Il
documento scritto dal mio avversario [36]vorrei certo portarlo sulle
mie spalle e cingerlo come mio diadema! [37]Il numero dei miei
passi gli manifesterei
e mi presenterei a lui come sovrano.
Giobbe - Capitolo 32
III. I DISCORSI DI ELIU
Intervento di Eliu(31,40b) Quando Giobbe ebbe finito di parlare,
[1]quei tre uomini cessarono di rispondere a Giobbe, perchè egli si
riteneva giusto. [2]Allora si accese lo sdegno di Eliu, figlio di
Barachele il Buzita, della tribù di Ram. Si accese di sdegno contro Giobbe,
perché pretendeva d'aver ragione di fronte a Dio; [3]si accese di sdegno
anche contro i suoi tre amici, perché non avevano trovato di che rispondere,
sebbene avessero dichiarato Giobbe colpevole. [4]Però Eliu aveva
aspettato, mentre essi parlavano con Giobbe, perché erano più vecchi di lui in
età. [5]Quando dunque vide che sulla bocca di questi tre uomini non vi
era più alcuna risposta, Eliu si accese di sdegno.
[6]Presa dunque la parola, Eliu, figlio di Barachele il Buzita, disse:
EsordioGiovane io sono di anni e voi siete gia canuti; per
questo ho esitato per rispetto a manifestare a voi il mio sapere.
[7]Pensavo: Parlerà l'età e i canuti insegneranno la sapienza.
[8]Ma certo essa è un soffio nell'uomo; l'ispirazione
dell'Onnipotente lo fa intelligente. [9]Non sono i molti anni a dar
la sapienza, né sempre i vecchi distinguono ciò che è giusto.
[10]Per questo io oso dire: Ascoltatemi; anch'io esporrò il mio
sapere. [11]Ecco, ho atteso le vostre parole, ho teso l'orecchio
ai vostri argomenti. Finché andavate in cerca di argomenti [12]su
di voi fissai l'attenzione. Ma ecco, nessuno ha potuto convincere Giobbe,
nessuno tra di voi risponde ai suoi detti. [13]Non dite: Noi
abbiamo trovato la sapienza, ma lo confuti Dio, non l'uomo!
[14]Egli non mi ha rivolto parole, e io non gli risponderò con le
vostre parole. [15]Sono vinti, non rispondono più, mancano loro
le parole. [16]Ho atteso, ma poiché non parlano più, poiché
stanno lì senza risposta, [17]voglio anch'io dire la mia parte,
anch'io esporrò il mio parere; [18]mi sento infatti pieno di
parole, mi preme lo spirito che è dentro di me. [19]Ecco, dentro
di me c'è come vino senza sfogo, come vino che squarcia gli otri nuovi.
[20]Parlerò e mi sfogherò, aprirò le labbra e risponderò.
[21]Non guarderò in faccia ad alcuno, non adulerò nessuno,
[22]perché io non so adulare: altrimenti il mio creatore in breve
mi eliminerebbe.
Giobbe - Capitolo 33
La presunzione di Giobbe[1]Ascolta dunque, Giobbe, i miei
discorsi, ad ogni mia parola porgi l'orecchio. [2]Ecco, io apro
la bocca, parla la mia lingua entro il mio palato. [3]Il mio
cuore dirà sagge parole e le mie labbra parleranno chiaramente.
[4]Lo spirito di Dio mi ha creato e il soffio dell'Onnipotente mi
dà vita. [5]Se puoi, rispondimi, prepàrati davanti a me, stà
pronto. [6]Ecco, io sono come te di fronte a Dio e anch'io sono
stato tratto dal fango: [7]ecco, nulla hai da temere da me, né
graverò su di te la mano. [8]Non hai fatto che dire ai miei orecchi
e ho ben udito il suono dei tuoi detti: [9]«Puro son io, senza
peccato, io sono mondo, non ho colpa; [10]ma egli contro di me
trova pretesti e mi stima suo nemico; [11]pone in ceppi i miei
piedi e spia tutti i miei passi!». [12]Ecco, in questo ti
rispondo: non hai ragione. Dio è infatti più grande dell'uomo.
[13]Perché ti lamenti di lui, se non risponde ad ogni tua parola?
[14]Dio parla in un modo o in un altro, ma non si fa attenzione.
[15]Parla nel sogno, visione notturna, quando cade il sopore
sugli uomini e si addormentano sul loro giaciglio; [16]apre
allora l'orecchio degli uomini e con apparizioni li spaventa,
[17]per distogliere l'uomo dal male e tenerlo lontano
dall'orgoglio, [18]per preservarne l'anima dalla fossa e la sua
vita dalla morte violenta. [19]Lo corregge con il dolore nel suo
letto e con la tortura continua delle ossa; [20]quando il suo
senso ha nausea del pane, il suo appetito del cibo squisito;
[21]quando la sua carne si consuma a vista d'occhio e le ossa,
che non si vedevano prima, spuntano fuori, [22]quando egli si
avvicina alla fossa e la sua vita alla dimora dei morti. [23]Ma
se vi è un angelo presso di lui, un protettore solo fra mille, per
mostrare all'uomo il suo dovere, [24]abbia pietà di lui e dica:
«Scampalo dallo scender nella fossa, ho trovato il riscatto»,
[25]allora la sua carne sarà più fresca che in gioventù, tornerà
ai giorni della sua adolescenza: [26]supplicherà Dio e questi gli
userà benevolenza, gli mostrerà il suo volto in giubilo, e renderà
all'uomo la sua giustizia. [27]Egli si rivolgerà agli uomini e dirà:
«Avevo peccato e violato la giustizia, ma egli non mi ha punito per quel
che meritavo; [28]mi ha scampato dalla fossa e la mia vita rivede
la luce». [29]Ecco, tutto questo fa Dio, due volte, tre volte con
l'uomo, [30]per sottrarre l'anima sua dalla fossa e illuminarla
con la luce dei viventi. [31]Attendi, Giobbe, ascoltami, taci e
io parlerò: [32]ma se hai qualcosa da dire, rispondimi, parla,
perché vorrei darti ragione; [33]se no, tu ascoltami e io ti
insegnerò la sapienza.
Giobbe - Capitolo 34
Scacco dei tre saggi nel discolpare Dio[1]Eliu continuò a dire:
[2]Ascoltate, saggi, le mie parole e voi, sapienti, porgetemi
l'orecchio, [3]Perché l'orecchio distingue le parole, come il
palato assapora i cibi. [4]Esploriamo noi ciò che è giusto,
indaghiamo fra di noi quale sia il bene: [5]poiché Giobbe ha
detto: «Io son giusto, ma Dio mi ha tolto il mio diritto;
[6]contro il mio diritto passo per menzognero, inguaribile è la
mia piaga benché senza colpa». [7]Chi è come Giobbe che beve,
come l'acqua, l'insulto, [8]che fa la strada in compagnia dei
malfattori, andando con uomini iniqui? [9]Poiché egli ha detto:
«Non giova all'uomo essere in buona grazia con Dio». [10]Perciò
ascoltatemi, uomini di senno: lungi da Dio l'iniquità e dall'Onnipotente
l'ingiustizia! [11]Poiché egli ripaga l'uomo secondo il suo operato
e fa trovare ad ognuno secondo la sua condotta. [12]In verità,
Dio non agisce da ingiusto e l'Onnipotente non sovverte il diritto!
[13]Chi mai gli ha affidato la terra e chi ha disposto il mondo
intero? [14]Se egli richiamasse il suo spirito a sè e a sé
ritraesse il suo soffio, [15]ogni carne morirebbe all'istante e
l'uomo ritornerebbe in polvere. [16]Se hai intelletto, ascolta bene
questo, porgi l'orecchio al suono delle mie parole. [17]Può mai
governare chi odia il diritto? E tu osi condannare il Gran Giusto?
[18]lui che dice ad un re: «Iniquo!» e ai principi: «Malvagi!»,
[19]lui che non usa parzialità con i potenti e non preferisce al
povero il ricco, perché tutti costoro sono opera delle sue mani?
[20]In un istante muoiono e nel cuore della notte sono colpiti i
potenti e periscono; e senza sforzo rimuove i tiranni, [21]poiché
egli tiene gli occhi sulla condotta dell'uomo e vede tutti i suoi passi.
[22]Non vi è tenebra, non densa oscurità, dove possano
nascondersi i malfattori. [23]Poiché non si pone all'uomo un termine
per comparire davanti a Dio in giudizio: [24]egli fiacca i
potenti, senza fare inchieste, e colloca altri al loro posto.
[25]Poiché conosce le loro opere, li travolge nella notte e sono
schiacciati; [26]come malvagi li percuote, li colpisce alla vista
di tutti; [27]perché si sono allontanati da lui e di tutte le sue
vie non si sono curati, [28]sì da far giungere fino a lui il grido
dell'oppresso e fargli udire il lamento dei poveri. [29]Se egli
tace, chi lo può condannare? Se vela la faccia, chi lo può vedere? Ma
sulle nazioni e sugli individui egli veglia, [30]perché non regni un
uomo perverso, perché il popolo non abbia inciampi. [31]Si può
dunque dire a Dio: «Porto la pena, senza aver fatto il male;
[32]se ho peccato, mostramelo; se ho commesso l'iniquità, non lo
farò più»? [33]Forse, secondo le tue idee dovrebbe ricompensare,
perché tu rifiuti il suo giudizio? Poiché tu devi scegliere, non io,
dì, dunque, quello che sai. [34]Gli uomini di senno mi diranno
con l'uomo saggio che mi ascolta: [35]«Giobbe non parla con
sapienza e le sue parole sono prive di senno». [36]Bene, Giobbe
sia esaminato fino in fondo, per le sue risposte da uomo empio,
[37]perché aggiunge al suo peccato la rivolta, in mezzo a noi
batte le mani e moltiplica le parole contro Dio.
Giobbe - Capitolo 35
Dio non è indifferente ai casi umani[1]Eliu riprese a dire:
[2]Ti pare di aver pensato cosa giusta, quando dicesti: «Ho
ragione davanti a Dio»? [3]O quando hai detto: «Che te ne importa?
Che utilità ne ho dal mio peccato»? [4]Risponderò a te con
discorsi e ai tuoi amici insieme con te. [5]Contempla il cielo e
osserva, considera le nubi: sono più alte di te. [6]Se pecchi,
che gli fai? Se moltiplichi i tuoi delitti, che danno gli arrechi?
[7]Se tu sei giusto, che cosa gli dai o che cosa riceve dalla tua
mano? [8]Su un uomo come te ricade la tua malizia, su un figlio
d'uomo la tua giustizia! [9]Si grida per la gravità dell'oppressione,
si invoca aiuto sotto il braccio dei potenti, [10]ma non si dice:
«Dov'è quel Dio che mi ha creato, che concede nella notte canti di
gioia; [11]che ci rende più istruiti delle bestie selvatiche,
che ci fa più saggi degli uccelli del cielo?». [12]Si grida,
allora, ma egli non risponde di fronte alla superbia dei malvagi.
[13]Certo è falso dire: «Dio non ascolta e l'Onnipotente non
presta attenzione»; [14]più ancora quando tu dici che non lo vedi,
che la tua causa sta innanzi a lui e tu in lui speri; [15]così
pure quando dici che la sua ira non punisce né si cura molto dell'iniquità.
[16]Giobbe dunque apre invano la sua bocca e senza cognizione
moltiplica le chiacchiere.
Giobbe - Capitolo 36
Il vero senso delle sofferenze di Giobbe[1]Eliu continuò a dire:
[2]Abbi un pò di pazienza e io te lo dimostrerò, perché in difesa
di Dio c'è altro da dire. [3]Prenderò da lontano il mio sapere e
renderò giustizia al mio creatore, [4]poiché non è certo menzogna il
mio parlare: un uomo di perfetta scienza è qui con te. [5]Ecco,
Dio è grande e non si ritratta, egli è grande per fermezza di cuore.
[6]Non lascia vivere l'iniquo e rende giustizia ai miseri.
[7]Non toglie gli occhi dai giusti, li fa sedere sul trono con i
re e li esalta per sempre. [8]Se talvolta essi sono avvinti in
catene, se sono stretti dai lacci dell'afflizione, [9]fa loro
conoscere le opere loro e i loro falli, perché superbi; [10]apre
loro gli orecchi per la correzione e ordina che si allontanino dalla
iniquità. [11]Se ascoltano e si sottomettono, chiuderanno i loro
giorni nel benessere e i loro anni nelle delizie. [12]Ma se non
vorranno ascoltare, di morte violenta periranno, spireranno senza
neppure saperlo. [13]I perversi di cuore accumulano l'ira; non
invocano aiuto, quando Dio li avvince in catene: [14]si spegne in
gioventù la loro anima, e la loro vita all'età dei dissoluti.
[15]Ma egli libera il povero con l'afflizione, gli apre l'udito
con la sventura. [16]Anche te intende sottrarre dal morso
dell'angustia: avrai in cambio un luogo ampio, non ristretto e la
tua tavola sarà colma di vivande grasse. [17]Ma se colmi la misura
con giudizi da empio, giudizio e condanna ti seguiranno. [18]La
collera non ti trasporti alla bestemmia, l'abbondanza dell'espiazione non ti
faccia fuorviare. [19]Può forse farti uscire dall'angustia il tuo
grido, con tutti i tentativi di forza? [20]Non sospirare
quella notte, in cui i popoli vanno al loro luogo. [21]Bada di
non volgerti all'iniquità, poiché per questo sei stato provato dalla
miseria.
Inno alla sapienza onnipotente[22]Ecco, Dio è sublime nella sua
potenza; chi come lui è temibile? [23]Chi mai gli ha imposto il
suo modo d'agire o chi mai ha potuto dirgli: «Hai agito male?».
[24]Ricordati che devi esaltare la sua opera, che altri uomini
hanno cantato. [25]Ogni uomo la contempla, il mortale la mira da
lontano. [26]Ecco, Dio è così grande, che non lo comprendiamo:
il numero dei suoi anni è incalcolabile. [27]Egli attrae in alto
le gocce dell'acqua e scioglie in pioggia i suoi vapori, [28]che
le nubi riversano e grondano sull'uomo in grande quantità. [31]In
tal modo sostenta i popoli e offre alimento in abbondanza.
[29]Chi inoltre può comprendere la distesa delle nubi, i
fragori della sua dimora? [30]Ecco, espande sopra di esso il suo
vapore e copre le profondità del mare. [32]Arma le mani di
folgori e le scaglia contro il bersaglio. [33]Lo annunzia il suo
fragore, riserva d'ira contro l'iniquità.
Giobbe - Capitolo 37
[1]Per questo mi batte forte il cuore e mi balza fuori dal petto.
[2]Udite, udite, il rumore della sua voce, il fragore che esce
dalla sua bocca. [3]Il lampo si diffonde sotto tutto il cielo e
il suo bagliore giunge ai lembi della terra; [4]dietro di esso
brontola il tuono, mugghia con il suo fragore maestoso e nulla arresta i
fulmini, da quando si è udita la sua voce; [5]mirabilmente tuona
Dio con la sua voce opera meraviglie che non comprendiamo!
[6]Egli infatti dice alla neve: «Cadi sulla terra» e alle piogge
dirotte: «Siate violente». [7]Rinchiude ogni uomo in casa sotto
sigillo, perché tutti riconoscano la sua opera. [8]Le fiere si
ritirano nei loro ripari e nelle loro tane si accovacciano.
[9]Dal mezzogiorno avanza l'uragano e il freddo dal settentrione.
[10]Al soffio di Dio si forma il ghiaccio e la distesa dell'acqua
si congela. [11]Carica di umidità le nuvole e le nubi ne
diffondono le folgori. [12]Egli le fa vagare dappertutto secondo
i suoi ordini, perché eseguiscano quanto comanda loro sul mondo intero.
[13]Le manda o per castigo della terra o in segno di bontà.
[14]Porgi l'orecchio a questo, Giobbe, soffèrmati e considera le
meraviglie di Dio. [15]Sai tu come Dio le diriga e come la sua
nube produca il lampo? [16]Conosci tu come la nube si libri in aria,
i prodigi di colui che tutto sa? [17]Come le tue vesti siano
calde quando non soffia l'austro e la terra riposa? [18]Hai tu
forse disteso con lui il firmamento, solido come specchio di metallo fuso?
[19]Insegnaci che cosa dobbiamo dirgli. Noi non parleremo per
l'oscurità. [20]Gli si può forse ordinare: «Parlerò io?». O un
uomo può dire che è sopraffatto? [21]Ora diventa invisibile la luce,
oscurata in mezzo alle nubi: ma tira il vento e le spazza via.
[22]Dal nord giunge un aureo chiarore, intorno a Dio è tremenda
maestà. [23]L}Onnipotente noi non lo possiamo raggiungere,
sublime in potenza e rettitudine e grande per giustizia: egli non ha da
rispondere. [24]Perciò gli uomini lo temono: a lui la venerazione
di tutti i saggi di mente.
Giobbe - Capitolo 38
IV. I DISCORSI DI IAHVE
PRIMO DISCORSO
La sapienza creatrice confonde Giobbe[1]Il Signore rispose a
Giobbe di mezzo al turbine:
[2]Chi è costui che oscura il consiglio con parole insipienti?
[3]Cingiti i fianchi come un prode, io t'interrogherò e tu mi
istruirai. [4]Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?
Dillo, se hai tanta intelligenza! [5]Chi ha fissato le sue
dimensioni, se lo sai, o chi ha teso su di essa la misura?
[6]Dove sono fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra
angolare, [7]mentre gioivano in coro le stelle del mattino e
plaudivano tutti i figli di Dio? [8]Chi ha chiuso tra due porte il
mare, quando erompeva uscendo dal seno materno, [9]quando lo
circondavo di nubi per veste e per fasce di caligine folta?
[10]Poi gli ho fissato un limite e gli ho messo chiavistello e
porte [11]e ho detto: «Fin qui giungerai e non oltre e qui
s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde». [12]Da quando vivi, hai mai
comandato al mattino e assegnato il posto all'aurora, [13]perché
essa afferri i lembi della terra e ne scuota i malvagi? [14]Si
trasforma come creta da sigillo e si colora come un vestito.
[15]E' sottratta ai malvagi la loro luce ed è spezzato il braccio
che si alza a colpire. [16]Sei mai giunto alle sorgenti del mare
e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato? [17]Ti sono state
indicate le porte della morte e hai visto le porte dell'ombra funerea?
[18]Hai tu considerato le distese della terra? Dillo, se sai
tutto questo! [19]Per quale via si va dove abita la luce e dove
hanno dimora le tenebre [20]perché tu le conduca al loro dominio
o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa? [21]Certo, tu lo
sai, perché allora eri nato e il numero dei tuoi giorni è assai grande!
[22]Sei mai giunto ai serbatoi della neve, hai mai visto i
serbatoi della grandine, [23]che io riserbo per il tempo della
sciagura, per il giorno della guerra e della battaglia? [24]Per
quali vie si espande la luce, si diffonde il vento d'oriente sulla terra?
[25]Chi ha scavato canali agli acquazzoni e una strada alla nube
tonante, [26]per far piovere sopra una terra senza uomini, su un
deserto dove non c'è nessuno, [27]per dissetare regioni desolate e
squallide e far germogliare erbe nella steppa? [28]Ha forse un
padre la pioggia? O chi mette al mondo le gocce della rugiada?
[29]Dal seno di chi è uscito il ghiaccio e la brina del cielo chi
l'ha generata? [30]Come pietra le acque induriscono e la faccia
dell'abisso si raggela. [31]Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi
o sciogliere i vincoli di Orione? [32]Fai tu spuntare a suo tempo
la stella del mattino o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli?
[33]Conosci tu le leggi del cielo o ne applichi le norme sulla
terra? [34]Puoi tu alzare la voce fino alle nubi e farti coprire
da un rovescio di acqua? [35]Scagli tu i fulmini e partono
dicendoti: «Eccoci!»? [36]Chi ha elargito all'ibis la sapienza
o chi ha dato al gallo intelligenza? [37]Chi può con sapienza
calcolare le nubi e chi riversa gli otri del cielo, [38]quando si
fonde la polvere in una massa e le zolle si attaccano insieme?
[39]Vai tu a caccia di preda per la leonessa e sazi la fame dei
leoncini, [40]quando sono accovacciati nelle tane o stanno in
agguato fra le macchie? [41]Chi prepara al corvo il suo pasto,
quando i suoi nati gridano verso Dio e vagano qua e là per mancanza di
cibo?
Giobbe - Capitolo 39
[1]Sai tu quando figliano le camozze e assisti al parto delle
cerve? [2]Conti tu i mesi della loro gravidanza e sai tu quando
devono figliare? [3]Si curvano e depongono i figli, metton fine
alle loro doglie. [4]Robusti sono i loro figli, crescono in campagna,
partono e non tornano più da esse. [5]Chi lascia libero l'asino
selvatico e chi scioglie i legami dell'ònagro, [6]al quale ho
dato la steppa per casa e per dimora la terra salmastra? [7]Del
fracasso della città se ne ride e gli urli dei guardiani non ode.
[8]Gira per le montagne, sua pastura, e va in cerca di quanto è
verde. [9]Il bufalo si lascerà piegare a servirti o a passar la
notte presso la tua greppia? [10]Potrai legarlo con la corda per fare
il solco o fargli erpicare le valli dietro a te? [11]Ti fiderai
di lui, perché la sua forza è grande e a lui affiderai le tue fatiche?
[12]Conterai su di lui, che torni e raduni la tua messe sulla tua
aia? [13]L'ala dello struzzo batte festante, ma è forse penna e
piuma di cicogna? [14]Abbandona infatti alla terra le uova e
sulla polvere le lascia riscaldare. [15]Dimentica che un piede può
schiacciarle, una bestia selvatica calpestarle. [16]Tratta
duramente i figli, come se non fossero suoi, della sua inutile fatica
non si affanna, [17]perché Dio gli ha negato la saggezza e non
gli ha dato in sorte discernimento. [18]Ma quando giunge il
saettatore, fugge agitando le ali: si beffa del cavallo e del suo
cavaliere. [19]Puoi tu dare la forza al cavallo e vestire di
fremiti il suo collo? [20]Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo? Il
suo alto nitrito incute spavento. [21]Scalpita nella valle giulivo
e con impeto va incontro alle armi. [22]Sprezza la paura, non
teme, né retrocede davanti alla spada. [23]Su di lui risuona la
faretra, il luccicar della lancia e del dardo. [24]Strepitando,
fremendo, divora lo spazio e al suono della tromba più non si tiene.
[25]Al primo squillo grida: «Aah!...» e da lontano fiuta la
battaglia, gli urli dei capi, il fragor della mischia. [26]Forse
per il tuo senno si alza in volo lo sparviero e spiega le ali verso il sud?
[27]O al tuo comando l'aquila s'innalza e pone il suo nido sulle
alture? [28]Abita le rocce e passa la notte sui denti di rupe o
sui picchi. [29]Di lassù spia la preda, lontano scrutano i suoi
occhi. [30]I suoi aquilotti succhiano il sangue e dove sono
cadaveri, là essa si trova.
Giobbe - Capitolo 40
[1]Il Signore riprese e disse a Giobbe: [2]Il censore vorrà
ancora contendere con l'Onnipotente? L'accusatore di Dio risponda!
[3]Giobbe rivolto al Signore disse: [4]Ecco, sono ben
meschino: che ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca.
[5]Ho parlato una volta, ma non replicherò. ho parlato due volte,
ma non continuerò.
SECONDO DISCORSO
Dio controlla le forze del male[6]Allora il Signore rispose a
Giobbe di mezzo al turbine e disse: [7]Cingiti i fianchi come un
prode: io t'interrogherò e tu mi istruirai. [8]Oseresti proprio
cancellare il mio guidizio e farmi torto per avere tu ragione?
[9]Hai tu un braccio come quello di Dio e puoi tuonare con voce
pari alla sua? [10]Ornati pure di maestà e di sublimità,
rivestiti di splendore e di gloria; [11]diffondi i furori della
tua collera, mira ogni superbo e abbattilo, [12]mira ogni superbo
e umilialo, schiaccia i malvagi ovunque si trovino;
[13]nascondili nella polvere tutti insieme, rinchiudili nella
polvere tutti insieme, [14]anch'io ti loderò, perché hai
trionfato con la destra.
Le bestie[15]Ecco, l'ippopotamo, che io ho creato al pari di te,
mangia l'erba come il bue. [16]Guarda, la sua forza è nei fianchi
e il suo vigore nel ventre. [17]Rizza la coda come un cedro,
i nervi delle sue cosce s'intrecciano saldi, [18]le sue vertebre,
tubi di bronzo, le sue ossa come spranghe di ferro. [19]Esso è la
prima delle opere di Dio; il suo creatore lo ha fornito di difesa.
[20]I monti gli offrono i loro prodotti e là tutte le bestie
della campagna si trastullano. [21]Sotto le piante di loto si sdraia,
nel folto del canneto della palude. [22]Lo ricoprono d'ombra i
loti selvatici, lo circondano i salici del torrente. [23]Ecco, si
gonfi pure il fiume: egli non trema, è calmo, anche se il Giordano gli
salisse fino alla bocca. [24]Chi potrà afferarlo per gli occhi,
prenderlo con lacci e forargli le narici?
Leviatan[25]Puoi tu pescare il Leviatan con l'amo e tener
ferma la sua lingua con una corda, [26]ficcargli un giunco nelle
narici e forargli la mascella con un uncino? [27]Ti farà forse
molte suppliche e ti rivolgerà dolci parole? [28]Stipulerà forse
con te un'alleanza, perché tu lo prenda come servo per sempre?
[29]Scherzerai con lui come un passero, legandolo per le tue
fanciulle? [30]Lo metteranno in vendita le compagnie di pesca, se
lo divideranno i commercianti? [31]Crivellerai di dardi la sua pelle
e con la fiocina la sua testa? [32]Metti su di lui la mano:
al ricordo della lotta, non rimproverai!
Giobbe - Capitolo 41
[1]Ecco, la tua speranza è fallita, al solo vederlo uno stramazza.
[2]Nessuno è tanto audace da osare eccitarlo e chi mai potrà star
saldo di fronte a lui? [3]Chi mai lo ha assalito e si è salvato?
Nessuno sotto tutto il cielo. [4]Non tacerò la forza delle sue
membra: in fatto di forza non ha pari. [5]Chi gli ha mai aperto
sul davanti il manto di pelle e nella sua doppia corazza chi può penetrare?
[6]Le porte della sua bocca chi mai ha aperto? Intorno ai suoi
denti è il terrore! [7]Il suo dorso è a lamine di scudi, saldate
con stretto suggello; [8]l'una con l'altra si toccano, sì che
aria fra di esse non passa: [9]ognuna aderisce alla vicina, sono
compatte e non possono separarsi. [10]Il suo starnuto irradia luce
e i suoi occhi sono come le palpebre dell'aurora. [11]Dalla sua
bocca partono vampate, sprizzano scintille di fuoco. [12]Dalle
sue narici esce fumo come da caldaia, che bolle sul fuoco. [13]Il
suo fiato incendia carboni e dalla bocca gli escono fiamme.
[14]Nel suo collo risiede la forza e innanzi a lui corre la
paura. [15]Le giogaie della sua carne son ben compatte, sono ben
salde su di lui, non si muovono. [16]Il suo cuore è duro come pietra,
duro come la pietra inferiore della macina. [17]Quando si alza,
si spaventano i forti e per il terrore restano smarriti. [18]La
spada che lo raggiunge non vi si infigge, né lancia, né freccia né
giavellotto; [19]stima il ferro come paglia, il bronzo come legno
tarlato. [20]Non lo mette in fuga la freccia, in pula si cambian
per lui le pietre della fionda. [21]Come stoppia stima una mazza
e si fa beffe del vibrare dell'asta. [22]Al disotto ha cocci
acuti e striscia come erpice sul molle terreno. [23]Fa ribollire
come pentola il gorgo, fa del mare come un vaso da unguenti.
[24]Dietro a sé produce una bianca scia e l'abisso appare canuto.
[25]Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver paura.
[26]Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le
fiere più superbe.
Giobbe - Capitolo 42
Ultima risposta di Giobbe[1]Allora Giobbe rispose al Signore e
disse:
[2]Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per
te. [3]Chi è colui che, senza aver scienza, può oscurare il tuo
consiglio? Ho esposto dunque senza discernimento cose troppo superiori a
me, che io non comprendo. [4]«Ascoltami e io parlerò, io
t'interrogherò e tu istruiscimi». [5]Io ti conoscevo per sentito
dire, ma ora i miei occhi ti vedono. [6]Perciò mi ricredo e
ne provo pentimento sopra polvere e cenere.
V. EPILOGO
Iahve biasima i tre saggi[7]Dopo che il Signore aveva rivolto
queste parole a Giobbe, disse a Elifaz il Temanita: «La mia ira si è accesa
contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette
come il mio servo Giobbe. [8]Prendete dunque sette vitelli e sette
montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi; il mio
servo Giobbe pregherà per voi, affinchè io, per riguardo a lui, non punisca la
vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo
Giobbe».
[9]Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita andarono
e fecero come loro aveva detto il Signore e il Signore ebbe riguardo di Giobbe.
Dio reintegra la fortuna di Giobbe[10]Dio ristabilì Giobbe nello
stato di prima, avendo egli pregato per i suoi amici; accrebbe anzi del doppio
quanto Giobbe aveva posseduto. [11]Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle
e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo e mangiarono pane in casa sua e
lo commiserarono e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato
su di lui e gli regalarono ognuno una piastra e un anello d'oro.
[12]Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della prima
ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi
e mille asine. [13]Ebbe anche sette figli e tre figlie. [14]A una
mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala di stibio.
[15]In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di
Giobbe e il loro padre le mise a parte dell'eredità insieme con i loro fratelli.
[16]Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e vide
figli e nipoti di quattro generazioni. [17]Poi Giobbe morì, vecchio e
sazio di giorni.
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