Comunità Parrocchiale “S. Paolo Apostolo” – Acireale
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PER CAMMINARE INSIEME
Anno XVI n.18


Appuntamenti di preghiera quotidiani


Cammino della settimana
4 - 10 maggio 2025


Dom 4 Parola del giorno Gv 21,1-19
… Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade.
Ore 09,00 – Celebrazione eucaristica
Ore 11,00 – Celebrazione eucaristica
Ore 19,00 – Celebrazione eucaristica


Lun 5 Parola del giorno Gv 6,22-29
Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù.
Ore 18,30 - Rosario
Ore 19,00 – Celebrazione eucaristica
Ore 21,00 – 22,00 ADORAZIONE EUCARISTICA E ROSARIO



Mar 6 Parola del giorno Gv 6,30-35
Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai?
Ore 18,30 - Rosario
Ore 19,00 – Celebrazione eucaristica


Mer 7 Parola del giorno Gv 6,35-40
Gesù rispose loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai.
Ore 10,00 – 12,00 – ADORAZIONE EUCARISTICA
Ore 18,30 - Rosario
Ore 19,00 – Celebrazione eucaristica



Gio 8 Parola del giorno Gv 19,25-27 MARIA MADRE DELLA CHIESA memoria
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!
Ore 18,30 - Rosario
Ore 19,00 – Celebrazione eucaristica


Ven 9 Parola del giorno Gv 6,52-59
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?
Ore 18,30 – Rosario
Ore 19,00 – Celebrazione eucaristica


Sab 10 Parola del giorno Gv 6,60-69
Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: "Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?" Ore 18,30 – Rosario
Ore 19,00 – Celebrazione eucaristica





Commento al vangelo della domenica

“È il Signore”. Questa l’esclamazione del discepolo che Gesù amava, nel momento in cui, quando è ancora sulla barca nel lago di Galilea, riconosce che quella voce è del Risorto. Con il vangelo di questa domenica ascoltiamo dell’ultima apparizione di Gesù ai discepoli nel racconto di Giovanni. Le prime due – sempre secondo il quarto Vangelo – avvengono a Gerusalemme. Poi il racconto si sposta e ci fa spostare fino alla Galilea: è lì che coloro che hanno vissuto il dramma della Passione devono tornare. Dove tutto era iniziato. Si tratta di dover “raccogliere i pezzi” e non si può farlo a Gerusalemme, la città dove il Messia è stato perseguitato e messo a morte. L’aveva detto un angelo, ci ricorda la fonte più antica (il vangelo secondo Marco): “Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”(Mc 16,7). Il Risorto è fedele alla sua promessa, e mantiene quanto aveva detto all’ultima cena: “Tutti rimarrete scandalizzati (…). Dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea” (Mc 14,27-28). La Galilea è il luogo dove tutto aveva avuto inizio, e da lì si può ripartire per “rileggere” tutto da una nuova prospettiva, quella data dalla risurrezione di Gesù. Guarire le ferite. Il tempo delle apparizioni post–pasquali è quello in cui i discepoli devono essere presi per mano dal Risorto perché guariscano le loro ferite. Quelle di Gesù, mostrate a Tommaso, sono ancora aperte e portano i segni dei chiodi (cfr. Gv 20,27); ma anche quelle dei suoi discepoli erano sicuramente dolorose. Saranno state le ferite dell’odio e del mistero d’iniquità riversatisi sull’innocente messo a morte; saranno state le ferite del tradimento di uno di loro, che aveva mangiato e vissuto con i dodici, e che consegnando il Messia al sinedrio li aveva delusi e si era poi tolto la vita; certamente le ferite di Pietro per aver rinnegato il Maestro, e degli altri per averlo lasciato solo sulla croce. Quanto rancore, quante delusioni, quanto dolore, quanto male. Il percorso per arrivare in Galilea è percorso di crescita, in cui avranno dovuto ripensare agli ultimi avvenimenti e mettere ogni cosa nel giusto posto. Con l’unico ordine possibile: quello dato dal perdono, ricevuto dal Cristo – se qualcuno avrà avuto qualcosa di cui pentirsi –; e donato agli altri. Comprendere la novità. Serve tempo ai discepoli di Gesù per rendersi pienamente consapevoli della novità che è la risurrezione. … È quindi solo con il Cristo che si chiarisce, in modo inequivocabile rispetto all’Antico Testamento o al giudaismo del suo tempo, che i morti risorgeranno nella carne: “la risurrezione dei morti è stata rivelata da Dio al suo Popolo progressivamente” (ibid., 992). Si prende cura di loro. Il Risorto ha tante cose da guarire e da spiegare. Così facendo si prende cura dei discepoli, fino a far trovare loro il pesce e il pane e dar loro da mangiare. Ha anche preparato il fuoco, per cuocere il cibo e per scaldare il loro cuore. Come accaduto ai discepoli di Emmaus, gli altri con i quali ha condiviso un tratto di strada: “Non ci ardeva forse il cuore?” (Lc 24,32). Lo stesso accada a noi, di noi si prenda ancora cura – preghiamo – noi che lo vogliamo riconoscere quando “continua a manifestarsi ai suoi discepoli” (Colletta seconda). Mettiamo ora in rilievo due elementi, tra i tanti, che possono avere un certo rilievo per la comprensione della pagina di oggi. Il primo riguarda il cucinare di Gesù, il secondo il noto dialogo tra Gesù e Pietro. Gesù e il Leviatano. Sarebbe sufficiente sottolineare che Gesù cucina per i suoi. Una carità semplice, feriale, quella delle mamme che cucinano per i figli, delle nonne per i nipoti, dei papà… Cucinare per l’altro è una cura a molti mali. Ma qui accade molto di più. Gesù organizza un vero e proprio banchetto messianico nel cui menù vi è nientemeno che il Leviatano. … Solo dopo aver mangiato con loro, inizia il dialogo tra Gesù e Pietro nel quale compare di nuovo l’amicizia, di cui riportiamo solo l’attacco: «quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”» (Gv 21,15). A questo punto possiamo anche spiegare la differenza – su cui tanti si sono già soffermati – riguardante i verbi usati da Gesù per chiedere a Pietro del suo bene nei suoi confronti (Gv 21,15-17): per le prime due volte Gesù formula la domanda col verbo agapao, amare (vedi il greco agápe, “amore”), e solo l’ultima usa philein, che più propriamente significa “voler bene”, ma che è un verbo connesso chiaramente con la philía, l’amicizia. Giustamente si deve accettare il fatto che «nonostante vari tentativi di individuare delle differenze nell’uso dei due verbi, gli studiosi moderni si sono allineati sulle posizioni dei primi esegeti cristiani, che consideravano i due verbi come sinonimi e come semplici variazioni stilistiche»[5], ma forse si può aggiungere qualcosa. Anzitutto, il testo non sembra voler necessariamente esprimere, la terza volta in cui Gesù si rivolge a Pietro, una resa da parte sua di fronte a chi non ha il coraggio di rispondere che lo ama (agapao) ma che può “solo” volergli bene (philein)[6]. Soprattutto, se abbiamo invece dimostrato che l’amicizia nel Quarto vangelo è così importante, addirittura il vertice dell’amore, allora qui sembra proprio che Pietro abbia imparato la lezione. Dicendo di amare Gesù con l’amore di amicizia, si impegna ad un amore che è capace di dare la vita per Gesù, suo amico, proprio come Gesù gli aveva insegnato: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (philon)» (Gv 15,13). Per tutte queste ragioni, si può affermare che la categoria dell’amicizia è una delle punte più importanti della teologia giovannea, quella che esprime la relazione più stretta con l’altro. Per usare l’espressione di una esegeta che si è soffermata a lungo sulla questione, se l’«amicizia è normalmente relegata alla sfera secolare […], la citazione dal vangelo di Giovanni [Gv 15,12-15] dimostra che niente è più lontano dalla verità. Per Gesù l’amicizia è la punta più alta del rapporto con Dio e con gli altri»[7]. Infatti «l’amicizia nel Quarto vangelo è l’emanazione dell’amore di Dio che si incarna in Gesù e che Gesù coraggiosamente mette a disposizione al mondo»[8]. L’amicizia, insomma, è «il centro teologico del vangelo di Giovanni».

Fra Giulio Michelini, biblista


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